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HOLLER: WHAT DOESN'T KILL YOU MAKES YOU STRONGER!


Dopo la frastornante notizia della separazione dagli Eldritch, non so quanti avrebbero scommesso sulla prosecuzione della carriera artistica di Terence Holler. Assai arduo accettare a cuor leggero un cambiamento di prospettive tanto traumatico senza prevedibili conseguenze, anche personali. Non molti avrebbero avuto la forza di rialzarsi, mettersi tutto alle spalle e ripartire da zero. Oddio, forse da zero non è corretto, vista la meritata fama che il cantante italo-americano si è costruito nel corso di ben tre decenni abbondanti. "Reborn" ridefinisce gerarchie e priorità nello stile musicale di Terence, puntando le sue "fiches" sulla roulette di un melodic rock/AOR tanto ispirato quanto ficcante: ed è veramente un piacere avere l'occasione di farsi raccontare la genesi di un album, nato sotto circostanze decisamente particolari, dalla voce del suo stesso protagonista. 

Ciao Terence, intanto grazie per aver accettato l'invito per questa intervista. Il nuovo disco s'intitola "Reborn". Ogni rinascita parte sempre dalla fine di una situazione precedente. La tua, poi, particolarmente importante, perché è coincisa con l'abbandono della band che tu stesso hai contribuito a creare. Parlo ovviamente degli Eldritch, coi quali hai condiviso la storia artistica per 30 anni. Hai mai pensato di mollare tutto, dopo lo split? E da dove sei ripartito per costruire questa tua nuova avventura?
Ho passato, e sto tuttora passando, dei momenti difficili. Sono circa 4 anni che combatto contro la depressione, ed il colpo di grazia ha sicuramente coinciso con la decisione di mollare la mia band storica. Sai, 32 anni in un gruppo sono praticamente tutta la mia vita da maggiorenne, e ti assicuro che non si tratta di una cosa da poco! Sicuramente una scelta dolorosa, ma altrettanto sicuramente necessaria, per svariati motivi. Per me si trattava di una vera e propria famiglia, ma quando ti ritrovi con 5 persone su 6 perennemente contro, non esistono altre soluzioni se non abbandonare. Ho avuto voglia di farla finita con tutto, anche con la vita, ma fortunatamente ho un figlio meraviglioso, una platea di amici e fans che mi hanno fatto sentire vivo ed importante. Sono loro che mi hanno fatto "rinascere", ed infatti "Reborn" è scaturito da quello che è stato certamente il punto più basso della mia esistenza. 

"Reborn" segna il tuo distacco dalle tematiche metal progressive grazie alle quali sei maggiormente conosciuto, per abbracciare con entusiasmo AOR e melodic rock. Una scelta molto coraggiosa, anche perché in Italia il genere non è seguitissimo rispetto ad altri. Il tuo background americano ha avuto un ruolo in questo nuovo percorso stilistico?
Sono nato e cresciuto a New York (Brooklyn e Long Island), quindi per me era normale ascoltare questo genere alla radio fin da ragazzino. Cantare AOR/FM rock mi viene del tutto naturale, infatti posso dire che nella mia band precedente mi sentivo come una specie di calciatore in prestito! Non sono mai stato il classico vocalist metal, tutto epicità e cliché, ma ho sempre espresso il mio stile personale. Questo "difetto", in realtà, ha contribuito in modo determinante al successo di "quelli là", perché ha sempre rappresentato un tratto peculiare e distintivo. Posso dire di aver mantenuto un approccio riconoscibile anche in questa nuova avventura musicale, e poi gli altri ragazzi del gruppo hanno tutti un solidissimo background anni 80. Si tratta di grandissimi musicisti, e confesso di essere stato davvero fortunato ad averli al mio fianco in questo capitolo della mia vita artistica.


Quando hai scritto "Reborn" ti sei ispirato a qualche grande band del settore oppure, una volta individuato il target artistico, sei andato a "ruota libera"?
In realtà le musiche sono state praticamente tutte scritte da Matteo Chimenti, un grandissimo tastierista/pianista/compositore livornese. Aveva un quindicina di brani nel cassetto, e mi ha chiesto di provare a scriverci sopra delle linee melodiche. Io sono andato appunto a "ruota libera", non ispirandomi in realtà a nessuno in particolare, ma seguendo semplicemente il mio istinto, senza troppi ragionamenti. Devo dire che il risultato finale è stato sorprendente anche per me, tuttavia il merito è da condividere proprio con Matteo.

Ho notato che il disco ha ottenuto grandi recensioni ed un consenso generale molto importante. Addirittura il video-singolo "Do You Believe" ha superato le 200mila visualizzazioni. Te lo saresti aspettato, considerando anche il drastico cambio di direzione rispetto agli Eldritch?
Potrei sembrare presuntuoso, ma ti confesso che un pochino ci credevo! "Do You Believe", come hai detto tu, ha già superato le 215.000 visualizzazioni, mentre "Yulia" è arrivata già ben oltre le 230.000 solamente in un mese. Le 13 canzoni presenti sull'album sono tutte belle e, a mio parere, potrebbero diventare in blocco dei potenziali singoli. "Reborn" sta andando oltre le più rosee previsioni, e molte radio internazionali passano i nostri pezzi. Cosa potrei volere di più? 

Come hai reclutato gli altri componenti degli Holler? E soprattutto dopo quanto tempo siete riusciti a raggiungere quell'amalgama di intenti che, su disco, traspare in modo molto chiaro?
Ho incontrato casualmente Denis Chimenti, fratello di Matteo, nel mio ristorante, e gli ho fatto i complimenti per la sua bravura. Lui è infatti un insegnante di chitarra, ed un grandissimo musicista, che già conoscevo per il suo lavoro con la Strana Officina. Da cosa nasce cosa, ed assieme a suo fratello abbiamo deciso di provare a formare una band, dopo poche ore seduti tranquillamente attorno ad un tavolo. Ho ingaggiato Leonardo Peruzzi per il basso, anche se in realtà sarebbe un polistrumentista nonché già mio amico, ed infine il batterista Alex Gasperini. Ci siamo ritrovati in perfetta sintonia immediatamente, tanto che "Reborn" è stato avvolto sin da subito da un rinfrancante alone di positività. 


So che è difficile scegliere, ma c'è qualche brano a cui ti senti più legato? Se si, quali sono e per quale motivo?
"Invisible Man" sicuramente! Tutto il disco è autobiografico, perché parlo di situazioni, emozioni e cose accadute realmente nella mia vita (di merda). "Invisible Man" parla dell'ingratitudine che mi è stata spesso e volentieri riservata: ho sempre dato tanto, in ogni settore, ricevendo di ritorno poco o nulla. Ho fatto e faccio tuttora beneficenza, ho prestato soldi ad amici con dei problemi finanziari, magari mettendo in difficoltà addirittura me stesso. Risultato? Nessun grazie e soprattutto tanto denaro mai restituito. Le persone che ho aiutato mi hanno tolto persino il saluto, pensa un pò!

Il regista Alberto Bogo ha girato un film sulla tua vita, Cosa Mia, che dovrebbe presto uscire nelle sale. Come è nato questo progetto?
Ci sono artisti che scrivono libri ed autobiografie, io ho preferito un video, un docu-film che racconti le mie vicissitudini. Alberto Bogo mi conosce da 15 anni, quindi aveva tutti i mezzi per svolgere un ottimo lavoro! Si tratta di un lungometraggio ai limiti del politically correct, perché io dico sempre quel che penso, senza alcuna ipocrisia né censura. Credo che Cosa Mia sia destinato a far discutere non poco. 


Torniamo agli Eldritch. Col senno di poi, quali sono gli album che oggi ritieni maggiormente riusciti? 
Sono fiero di aver contribuito al successo internazionale di "quelli là" e, conseguentemente, di essere un portabandiera della storia del metal italiano. Sono stati e sono tuttora una grandissima band! I primi tre album, ovvero "Seeds Of Rage" (1995), "Headquake" (1997) ed "El Nino" (1998), rimarranno nella storia, ma anche l'ultimo disco a cui ho partecipato, "Eos" (2021), è una gemma del panorama metal progressive mondiale.

Le motivazioni del tuo abbandono sono state finora poco chiare. Hai voglia di parlarne? 
Premetto che mi assumo tutta la responsabilità del distacco! Sono consapevole di avere un carattere un pò ribelle ed assai poco incline alla diplomazia. Ho co-fondato il gruppo, co-scritto tutte le canzoni, fatto tutte le interviste, anticipato tutte le spese, messo a disposizione mezza casa per oltre 30 anni: pensavo di stare "al sicuro", ma evidentemente non è bastato. Nonostante quello che ho dato alla band, mi sono trovato attaccato e criticato per la mia esuberanza, una caratteristica che ti rende difficile accettare le regole del "gregge". Tuttavia io sono così dalla nascita, forse a causa delle dure prove affrontate da adolescente: il trasferimento da New York alla Toscana, la lunga malattia di mio padre, seguita dalla sua morte, infine tante altre brutte situazioni quali la famosa pandemia (che io ho sempre definito "pande-vostra"). Ora mi sento finalmente libero, e credo che anche "quelli là" siano molto felici. Hanno un grandissimo cantante, che oltretutto rispecchia perfettamente gli standard che il loro genere richiede. Anche a livello umano, mi sembra che sia una persona "normale", mentre io purtroppo non lo sono! Avevo chiesto agli altri ragazzi di non stressarmi, vista la mia situazione psicologica molto delicata, ma non ce l'hanno fatta. Me ne sono andato, chiedendo addirittura scusa per averli turbati e, parole loro, per aver "leso l'immagine seria della band" a causa del mio modo di fare ironico sui social. Mi dispiace se li ho danneggiati, anyway, qui lo dico e qui lo nego: "quelli là" sono un capitolo definitivamente chiuso. Adesso ho gli Holler, ed ai miei compagni di avventura vado bene così, pure se sono "scemo" (citazione) ed ho un carattere esuberante. Anche perché tutto questo non scalfisce minimamente la parte artistica! 


Nei tuoi video Facebook e nei post social, ti sei sempre espresso in modo piuttosto inequivocabile rispetto a quel virus che ci ha tenuti inchiodati a casa tre anni, chiamandolo appunto "pandevostra". Ognuno ha il proprio pensiero a riguardo di quell'orribile periodo, anche se esprimerlo non è stato affatto scontato, viste le restrizioni da autentico regime. Vuoi esternare il tuo anche in questa sede?
Qui si rischia la censura! Io sono un uomo di mondo ed un imprenditore con una certa esperienza. Sin dall'inizio della famosa "pandevostra", capii che c'era dietro un disegno ben studiato da parte delle "élite". Se ricordi bene, in principio i vari esperti mondiali di virologia, parlavano di tempi medio-lunghi per la realizzazione di un vaccino. Minimo due/tre anni, dicevano. Poi improvvisamente, tutti in fila per farsi iniettare il taumaturgico siero magico. I camion con le bare vuote, le non-autopsie, le cure fasulle per rendere questa influenza più potente di quanto in realtà non fosse. Da non vaccinato, io ho avuto il Covid per ben tre volte, nel 2020, 2021 e 2022: mi sono curato a base di Brufen, Jack Daniel's e bestemmie. Come dimenticare l'obbligo di chiusura dei locali, le rincorse degli elicotteri verso chi osava correre da solo in spiaggia, l'obbligo vaccinale, il Green Pass, e le innumerevoli regole senza senso tipo "caffè in piedi si, seduti no" o viceversa?
Mi hanno danneggiato in maniera enorme e, se non sono fallito, è solo perché ho rifiutato categoricamente di seguire le regole. Per come la vedo io, questa farsa è stata portata avanti soltanto per testare quanto il "gregge" avrebbe ubbidito: una specie di prova di regime. Impedisci alla gente di lavorare, di mangiare al ristorante, di recarsi negli uffici pubblici, di praticare sport, e persino di andare in vacanza: come la chiami questa roba se non dittatura? Ho perso comunque molti soldi, facendo un rapido calcolo oltre 200.000 euro: ed infatti credo che sarò a corto di liquidità per un bel pò! Senza contare la profonda depressione che ne è scaturita. Fortunatamente mi sono ribellato, ricorrendo addirittura a vere e proprie minacce fisiche nei confronti delle forze dell'ordine, che pretendevano che seguissi quelle regole idiote. Poi è stata la volta dei "sierati", con gli auguri di morte nei miei confronti. Un inferno! Devono comunque spiegarmi che razza di vaccino è, se poi ti pigli ugualmente la malattia e puoi diffonderla, esattamente come chi non se l'è fatto! 


ALESSANDRO ARIATTI 








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