Il nome degli Honeymoon Suite viaggia nella "terra di mezzo" tra i big ones e gli oggetti da culto della decade chic-rock per eccellenza: gli anni 80. Se è vero che un album come "The Big Prize" resta qualcosa di sontuoso, anche in una periodo che viene ricordato come la Mecca del genere, è altrettanto corretto sostenere che i consensi riscossi non furono paragonabili alla qualità espressa. Se non sfondarono allora, difficile che la proposta di "Alive" possa suscitare oggi l'entusiasmo di folle oceaniche. Tutt'altro. Detto ciò, è assolutamente da lodare il fatto che una band, chiaramente "fuori tempo massimo" ed arrivata ad un soffio dal boom negli anni giusti, trovi ancora tempo e voglia per comporre brani inediti. E che brani, oserei dire! Già, perché al di là della certezza che le raffinatezze analogiche degli 80's restino pratiche irreplicabili in noiosi anni di pressapochismo sonoro, "questi" Honeymoon Suite si candidano seriamente ad essere eletti tra i top AOR dell'annata in corso. Non c'è un solo brano di "Alive" da scartare, con picchi di arte melodica da afferrare al volo ed assaporare in un solo boccone. Mi riferisco alla trascinante title-track, ad una "Tell Me What You Want" che, se fosse firmata Eclipse, farebbe gridare al miracolo, oppure ad una "Love Comes" che ricorda i cori poliedrici degli Stage Dolls "annata doc" (1989). Con la sua voce calda e leggermente roca alla Bryan Adams, il buon vecchio Johnny Dee riesce ancora a generare armonie vitali ed energetiche, mai stucchevoli nonostante l'elevato tasso di contagioso appeal. Non siamo più ai tempi di "Feel It Again" o "Love Changes Everything", e nessuno può negarlo. Tuttavia trovare di meglio, nello stesso settore, è impresa assai ardua.
ALESSANDRO ARIATTI
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