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LE MILLE FATICHE DI LITA: DAL PUNK ROCK DELLE RUNAWAYS AL RED CARPET DI "KISS ME DEADLY"

In principio furono le Runaways. Dalla natia Inghilterra, Carmelita Rossana Ford, papà britannico e mamma italiana, si è già trasferita a Long Beach, California. Ed è proprio verso la metà degli anni 70 che a Kim Fowley, produttore, cantante e discografico, viene in mente un'idea rivoluzionaria (almeno per l'epoca): una rock band composta da sole donne. Anche il nome proposto è piuttosto d'impatto, The Runaways, ovvero Le Fuggitive. Della combriccola "rosa" fanno parte appunto Lita Ford e Joan Jett alle chitarre, Jackie Fox al basso, Sandy West alla batteria, e l'iconica Cherrie Currie alla voce. Al di là del fattore novità, le cinque scavezzacollo non passeranno certo alla storia per la qualità eccelsa delle loro uscite. Il rock duro, irrorato di primi sintomi punk, non brilla per particolare talento (sia tecnico che compositivo), tanto che The Runaways saranno ricordate più per essere state delle "prime mover" che non per le canzoni contenute nei loro album. La favola dura quattro anni, con un solo singolo che lascia realmente il segno sul pubblico, quella "Cherrie Bomb" che la Currie canterà con innegabile trasporto ribelle e, perché no, sexy. 

Nel 2010 uscirà anche un bel film sul gruppo, con due grandi star di Hollywood come Kristen Stewart (la Isabella di Twilight) nei panni dell'ombrosa Joan Jett, e Dakota Fanning nel ruolo di Cherrie Currie. La parte di Lita, invece, verrà assegnata ad un'attrice meno conosciuta ma altrettanto brava e bella, la neozelandese Scout-Taylor Compton. 


          Scott-Taylor Compton, la Lita del film

Come si diceva poc'anzi, la carriera delle Runaways dura assai poco: tre album da studio ed un live di commiato registrato in Giappone, poi ognuna per la propria strada. Più un fenomeno di costume (discinto nel caso della Currie) che reale sostanza? Credo che, anche col senno di poi, la risposta possa essere affermativa. Inutile precisare che le due esponenti più talentuose, almeno nelle rispettive carriere solite, si riveleranno Joan Jett (la sua "I Love Rock'n'Roll" rimane tuttora un inno che travalica le generazioni), e soprattutto la "nostra" Lita. 


Nonostante i sogni di gloria sembrino sfuggirle di mano, la Ford decide di non darsi per vinta, e tenta immediatamente di formare un gruppo con la stessa batterista delle Runaways, Sandy West. Il progetto delle due non sfocia tuttavia in nulla di concreto per "mancanza di personale", gettando nello sconforto Lita, convinta di essere arrivata ormai al capolinea del suo breve viaggio nel music business. Leggenda narra che, decisivo, diventa un incontro con la leggenda Eddie Van Halen: "non puoi sprecare così il tuo talento!" le dice il funambolo della sei corde. Incitata e pungolata nell'orgoglio personale, la Ford inizia a prendere lezioni di canto, con il preciso intento di diventare anche una frontman, nonché la boss di sé stessa. Per non dipendere più da niente e da nessuno.


Certo, si tratta di un percorso lungo ed impegnativo, quasi un ricominciare da capo, ma non è certo la volontà a difettare alla bella bionda. In fondo siamo negli anni 80, "the age of dreams", e non importa se la ricostruzione della "Lita artista" richieda due anni belli buoni. Là fuori c'è un pubblico affamato di rock, di HM, pronto a dare ancora un senso alla parola meritocrazia. La sua prima performance avviene però come semplice ospite della punk band The Stepmothers nel 1981, con la partecipazione ad una bella cover di "American Nights" delle Runaways. Ma è ovvio che "Carmelita" non può certo accontentarsi di fare da comprimaria. 


Una volta reclutati il chitarrista canadese Neil Merryweather ed il batterista Dusty Watson, è infatti arrivato il momento di incidere il primo vero disco solista. "Out For Blood" esce nel 1983, e vede Lita Ford abbandonare quasi completamente le scorie punk rock per gettarsi nelle braccia del rampante heavy metal di quel periodo. La copertina dell'album, che la raffigura mentre imbraccia una chitarra insanguinata, suscita però qualche grattacapo, finendo sotto la scure della censura. È il tempo in cui Lita convive con Nikki Sixx dei Motley Crue, e non è da escludere che l'idea per quell'immagine shock sia venuta proprio al fidanzato, in pieno trip da "Shout At The Devil". Il 33 giri viene quindi ristampato con un artwork differente, sicuramente meno truculento, ma anche più ammiccante per la gioia dei maschietti. Trattasi di un buon lavoro, "figlio" sicuramente dell'epoca, che sancisce tuttavia qualche ingenuità di troppo a livello di mix e di produzione. Dietro la consolle, troviamo lo stesso chitarrista Neil Merryeather, che non è un fonico e si sente! 

           Lita ed il fidanzato Nikki Sixx

La copertina censurata di "Out For Blood" 



La casa discografica (Mercury Records) non si spreca certo in sforzi promozionali, anche per il tipo di materiale, giudicato troppo pesante, di "Out For Blood". Urge un cambiamento radicale, anche perché il metal mainstream si sta progressivamente incanalando su sonorità più melodiche, spesso favorite all'utilizzo dei sintetizzatori. La formazione viene rivoluzionata completamente: fuori Merrywather e Watson, dentro Randy Castillo (futuro batterista di Ozzy) e Hugh McDonald al basso. "Dancing On The Edge" vede la luce nel 1984, e stavolta la produzione viene affidata ad un professionista qualificato, nella persona di Lance Quinn. Non può essere altrimenti, perché le canzoni puntano dritte ad un hard rock altamente commerciale, favorito anche dall'inserimento delle tastiere, nelle mani del talento canadese Aldo Nova. Peraltro già autore di un primo LP di grande successo, grazie soprattutto al one-hit wonder "Fantasy". Finita la love story con Nikki Sixx, tocca a Toni Iommi dei Black Sabbath subire il fascino dell'irresistibile Lita, tanto da recitare un piccolo cameo nel videoclip di "Dressed To Kill". Anche "Gotta Let Go" ottiene un discreto airplay, consentendo a "Dancing On The Edge" di posizionarsi in situazioni di classifica più consone rispetto ad "Out For Blood".



Tornando un attimo a parlare del legame affettivo con Iommi, i due iniziano una relazione che la Ford definirà successivamente "assai burrascosa" nell'autobiografia Living Like A Runaway. Secondo le dichiarazioni nel libro, a quei tempi Toni era talmente fatto di cocaina da non riuscire nemmeno ad avere rapporti sessuali, e diventava addirittura manesco nei suoi confronti. Un paio di anni di frequentazione e poi tutto finisce. Dalla frequentazione con il chitarrista dei Black Sabbath escono anche alcune collaborazioni artistiche, tra cui la canzone "The Thrill Is Gone". È il 1986 quando Lita sarebbe pronta per pubblicare il nuovo disco dal titolo "The Bride Wore Black", con un copertina che la vede agghindata in un abito da sposa nero. La Mercury ritiene tuttavia che materiale composto ed immagine siano decisamente fuori luogo per quei tempi, così decide di mettere il veto alla stampa dell'album. Col risultato che Lita sbatte la porta e rescinde il contratto. Ovviamente la succitata "The Thrill Is Gone" avrebbe dovuto far parte della scaletta del 33 giri, ma tant'è. 


Non che la Ford ci metta molto ad accasarsi presso un'altra casa discografica, infatti la RCA è pronta ad accoglierla a braccia aperte. Anzi, rispetto alla Mercury, dimostra coi fatti di credere molto di più nelle sue potenzialità. Lita si trova a disposizione un produttore deluxe come Mike Chapman, ma anche uno stuolo di collaboratori pronto a tutto pur di rendere il nuovo disco una fucina di hit. Così sarà. Il terzo album esce nel 1988, e porta semplicemente il suo nome, quasi a lasciar intendere un nuovo inizio. Il primo singolo "Kiss Me Deadly" spacca le classifiche, con quel mix tra energia e melodia finalmente ottimizzato al meglio. "I went to a party last Saturday night": chi sostiene di non aver mai canticchiato questa strofa negli anni 80 è un bugiardo, sappiatelo. Ma non basta: il duetto con Ozzy Osbourne in "Close My Eyes Forever" suona come una magia tipica del decennio, e non fatica a conquistare le platee di mezzo mondo. C'è poi "Falling In And Out Of Love", scritta assieme all'ex boyfriend Nikki Sixx, a mantenere alto il vessillo del pop metal, per non parlare di "Back To The Cave", un AOR high-tech irrorato di leggiadria funky. "Lita" supera il milione di copie nei soli States, conquistando in poco tempo il disco di platino. 






Sembra strano a dirlo oggi, eppure si tratta di un disco che rappresenta un "modello" da imitare per moltissime rocker, anche con un nome già affermato. Uno su tutti quello di Doro Pesch, che tenterà (con molta meno fortuna) lo stesso iter della Ford, quando deciderà di sbarcare negli USA e mettersi nelle mani di Gene Simmons dei Kiss. Guarda caso, verrà scelto il semplice titolo "Doro", e la foto di copertina ricorderà da vicino le pose plastiche di "Lita". Il momento magico dura poco: "Stiletto" del 1990 non raccoglie il medesimo consenso, anche perché il suono diventa probabilmente troppo elaborato, e manca di singoli con lo stesso impatto di "Kiss Me Deadly" o "Close My Eyes Forever". Decisamente meglio "Dangerous Curves" (1991), nel quale almeno due canzoni replicano l'irresistibile appeal dei migliori episodi contenuti in "Lita". Trattasi di "Playing With Fire" e "Shot Of Poison", con quelle fantastiche sonorità 80's che non ne vogliono proprio sapere di cedere a lusinghe "alternative rock". Succederà negli anni successivi, ma francamente è tutta un'altra storia, che non ho proprio voglia di raccontare. 



ALESSANDRO ARIATTI

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