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ALEXA "ALEXA" (1989)

 




I tempi che cambiano si concretizzano anche, e soprattutto, nel nuovo idioma globalista. Nel 1989 dicevi Alexa e ti veniva immediatamente da pensare a questa meraviglia dell'AOR; oggi pronunci lo stesso nome e ti risponde un'insulsa vocina, che chiede cosa desideri. Virtualmente, s'intende. Nemmeno lo "sforzo" di cambiare un disco o sintonizzarsi manualmente su un altro canale, ci pensa la "geisha" artificiale a soddisfare tutti i bisogni. Ma veniamo alle cose belle e lasciamo perdere le miserie. Alexa Anastasia è un'avvenente biondona di origini svizzere, che si barcamena tra studi cinematografici e di registrazione, praticamente il pane quotidiano di quel gran volpone di Paul Sabu, guru "nascosto" del melodic rock di quegli anni irreplicabili. Ad accompagnare Alexa su questa unica, preziosissima testimonianza discografica, troviamo i suoi Only Child al completo, ed ovviamente il tiro artistico non può essere molto dissimile dal “modello originario”. Al pari di una sorniona felina, la nostra non disdegna di tartassare l’intero pentagramma, passando da toni suadenti a zampate leonine, proprio come impartitole certosinamente dal suo talent scout. Le tastiere di Tommy Rude bilanciano alla perfezione il peso specifico della chitarra di Sabu, così si passa dalla hard rockeggiante opener “I Cant’ Shake You” alla ben più vellutata “We Don’t Remember Why”, con un chorus che è praticamente impossibile non memorizzare già dal primissimo ascolto. E poi c’è quella “Wanderlust” con il clamoroso tormentone “jump in the car, turn the radio on”, che fa tanto anni ’80 già dalle lyrics: quando non si vedeva l’ora di “cavalcare” la propria auto, anche semplicemente per assaporare il senso di libertà che ne conseguiva. Se oggi vi accontentate di un monopattino perché vi sentite "paladini dell'ambiente" (che in realtà non vi si incula di striscio), sono fatti vostri. Nonostante l'appetibilità della proposta per il pubblico dell'epoca, "Alexa" attira le attenzioni "solamente" della piccola label Savage Records, che francamente non brilla nemmeno per l'artwork di copertina. Oltre al fatto di non aver associato la promozione ad alcun videoclip, che ne avrebbe sicuramente aumentato la visibilità e le velleità di classifica. Poco importa, "Dance The Night Away" e "Cool Wind" sono tracce perfette per chi conserva ancora indelebile il tatuaggio delle sorelle Wilson, periodo "Heart"/"Bad Animals", sulla propria pelle. Il lato più aggressivo viene riservato, musicalmente, per l'anthemica "Let It Rock", vocalmente parlando per la sorniona "Spooky", nella quale Alexa sembra letteralmente ruggire dietro il microfono. "Heart To Heart" insiste sul versante Paul Sabu/Only Child, tessendo una trama "easy" su una struttura magniloquente, proprio come nei migliori episodi del capolavoro "Heartbreak". La chiosa finale, affidata al soft rock di "From Now On", suggella un'opera da tramandare ai posteri, alla voce "the sound of 1989". Purtroppo, esattamente come Paganini che "non ripete", pure la signora Alexa Anastasia non concederà repliche ufficiali, preferendo concedersi al cinema, con apparizioni anche piuttosto importanti. Come quella a fianco di Patrick Swayze nel blockbuster Il Duro Del Roadhouse. Un vero peccato. 

ALESSANDRO ARIATTI 







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