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ELEGY "LOST" (1995)



L'Olanda non è mai stato territorio particolarmente prolifico per sonorità hard'n'heavy. Eppure, esattamente nella prima metà degli anni 90, è proprio dai Paesi Bassi che si staglia maestosa una delle migliori creature d'epoca del settore. Sto parlando ovviamente degli Elegy che, prima con "Labyrinth Of Dreams", poi con "Supremacy", gettano le basi per un approccio stilistico particolarmente ricercato, formalmente elegante, ed estremamente catchy dal punto di vista melodico. La band basa la propria forza sostanzialmente su due punti cardine: lo sfrenato chitarrismo di Henk Van Der Laars, una sorta di Yngwie Malmsteen scevro da esagerati appunti barocchi eppure altrettanto tecnico, ed una voce, quella di Eduard Hovinga, dalla timbrica acutissima, quasi un epigono del mai dimenticato Midnight di Crimson Glory-ana memoria. Come dicevo poc'anzi, i primi due lavori della band differenziano sostanzialmente la proposta degli Elegy da tanti metal-acts decisamente più standardizzati ed obsoleti. C'entrano poco anche determinati paragoni con i Dream Theater del periodo, avvalorati da molti "esperti" nazionali ed esteri, che tendono ovviamente all'omologazione per puro semplicismo redazionale, quando non per superficialità. In realtà la cifra artistica della band denota un notevole tasso di pragmatica originalità, pur pescando ovviamente a piene mani nel retroterra metal, che si tratti di nomi dal richiamo altisonante, oppure di riferimenti "cult". C'è il progressive metal, certo, così come c'è l'epic, troviamo elementi fondamentalmente legati all'ormai ex mainstream class/AOR, ma anche una certosina ricerca per le armonizzazioni, ben lungi dal definirsi banali e/o standardizzate. Il percorso dei "veri" Elegy (poi continueranno con Ian Parry, ma la magia andrà quasi totalmente perduta), quelli che vedono Eduard Hovinga dietro al microfono, non dura molto: cinque anni e tre album dai quali è francamente arduo estrarre il migliore dal mazzo. Personalmente ho sempre avuto un particolare "debole" proprio per il "canto del cigno", quel "Lost" che sintetizza in modo esemplare, praticamente perfetto, tutte le più lodevoli prerogative del gruppo olandese. Rispetto alle due prove precedenti, il tasso tastieristico risulta in deciso rialzo, fin dalla muscolare title-track posta come opener, ma è già da un episodio come "Always", una sorta di pregiato mix tra i Fates Warning di "Through Different Eyes" e gli Helloween di "Why?", che il CD spicca letteralmente il volo. Hovinga è mostruoso, ma la band gli va dietro senza particolari patemi, dagli ariosi istriomismi di "Clean Up Your Act" al possibile hit single "Always With You". A tal proposito, resterò sempre dell'idea che, proprio a quest'ultima song, si siano ispirati i già citati Helloween per la scrittura di "Power", dal best seller "The Time Of The Oath". Il lirismo quasi new age della ballad "Under Gods Naked Eye", il saliscendi spettacolare di "Spirits", la sobria baldanza di "Crossed The Line": non c'è una virgola, una punteggiatura fuori posto all'interno di un'opera perfetta in quanto a forma e sostanza. Peccato che il "giochino" si rompa proprio all'indomani dell'uscita di "Lost", e che un cantante sicuramente preparato ma decisamente troppo accentratore come Ian Parry inauguri il declino inarrestabile di una band così fortemente caratteristica.


ALESSANDRO ARIATTI 





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