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SIAM "THE LANGUAGE OF MENACE" (1994)



Dopo il capolavoro "Excess All Areas", come a volte purtroppo accade, gli Shy passano dalle stelle alle stalle. Il successore "Misspent Youth" è un album indifendibile, votato ad un banalissimo e poco ispirato party-metal che non possiede né la qualità compositiva, né le proprietà sonore del suo antenato. Tanto meno per farsi largo a gomitate tra una miriade di concorrenti più giovani ed affamati di successo rapido. Il disbanding, o almeno l'abbandono dell'ugola extraordinaire di Tony Mills (RIP), è la conseguenza di un lavoro fallimentare in tutto e per tutto. Passano alcuni anni prima che il cantante inglese torni a far parlare la musica, e nel frattempo succede di tutto. L'hair metal, il class metal, l'Aor, il melodic rock, insomma chiamatelo come volete, non è più al potere, ma all'opposizione. Un'opposizione peraltro relegata ai margini del mercato discografico, la cui bandiera di resistenza viene issata da poche, piccole, ed indipendenti label, per la stragrande maggioranza europee. Tuttavia il come-back sulla scena da parte di Mills spiazza anche i pazienti nostalgici, che si ritrovano a nuotare in un mare di merda (ovviamente opinione personale) per scovare qualche novità che possa avere un determinato appeal nei confronti delle proprie esigenze auricolari. Già la copertina di "The Language Of Menace", esordio sulla lunga distanza dell'inedita creatura del frontman britannico, denominata appunto Siam, fa sorgere diversi dubbi. Ed il punto interrogativo diventa esclamativo, una volta che il contenuto dell'album viene sviscerato dal lettore cd. Da possibile stella del firmamento Aor a degnissimo erede dei Queensryche: è questa la primissima impressione suscitata, quando le note del disco si propagano nell'aria. Per pura coincidenza, nello stesso anno, Geoff Tate e soci pubblicano quello che, senza timore di smentite, può essere considerato come il loro capolavoro testamentario, ovvero "Promised Land". Ebbene, i Siam non ne possiedono la medesima genialità avant-garde, tuttavia se si cerca un buon epigono di "Empire", pur senza raggiungerne i picchi, "The Language Of Menace" rappresenta una valida alternativa. Per quei tempi poi, trattasi di manna dal cielo di biblica citazione. Mills adatta i suoi acuti alla rinnovata veste stilistica, e lo fa egregiamente in canzoni ficcanti come la rocciosa title-track, nel saliscendi emozionale di "Open Your Eyes", oppure nella più riflessiva "Signals Of Intuition". Certo, il paragone con i Queensryche pre-"Promised Land" diventa pesante come un macigno, ma ciò non compromette affatto la bontà sciorinata in pezzi quali "The Fall", "So Wild Is Our World", oppure il duo conclusivo "Nightflight To Heaven" e "The Last Sunrise". Derivativi? Non ci piove, è lampante. Però chi ha qualche decennio di ascolti sulle spalle è ancora in grado di capire quando si ha di fronte una buona song, oppure uno scimiottamento di qualcosa che non può più essere replicato con seria credibilità. Peraltro, i Siam concederanno la replica un paio d'anni dopo con l'altrettanto valido "Prayer", dove le coordinate musicali rimarranno piuttosto fedeli a quelle già impostate da "The Language Of Menace". Una volta esauritasi l'esperienza, Mills tornerà a prestare la sua preziosa voce agli Shy per un paio di album ("Unfinished Business" e "Sunset And Vine"), entrando anche nei norvegesi TNT dopo l'abbandono di Tony Harnell, coi quali registrerà ben tre dischi da studio. La carriera del vocalist si interrompe brutalmente a settembre 2019, quando un male incurabile se lo porta via, all'età di soli 57 anni. Il lavoro solista "Beyond The Law" rappresenta il lascito postumo di un percorso ricco di meritatissimi riconoscimenti, sia di critica che di pubblico.


ALESSANDRO ARIATTI






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