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STEVE LUKATHER "LUKATHER" (1989)



Dopo aver "maramaldeggiato" in lungo ed in largo con i Toto per una decina d'anni, non ultimo il recente e strepitoso "The Seventh One" (1988), Steve Lukather decide di prendersi una pausa dalla band madre. Il virtuoso chitarrista americano ha già un pugno di canzoni pronte per essere incise, tra cui quella "Twist The Knife" scritta "in coabitazione" al fenomeno Eddie Van Halen, che suona pure il basso. Il pezzo è un bel pugno nello stomaco (ovviamente in senso buono) per i fans dei Toto e del loro melodic rock spesso sussurrato all'orecchio. "Swear Your Love" risente abbondantemente dell'influenza AOR di quegli anni, con un riff "alla seta" ben sorretto da un sontuoso tappeto di tastiere, ed infatti stavolta è il "guru" del genere Richard Marx ad affiancare il talento di "Luke". L'epica "Fall Into Velvet" rappresenta invece un lungo viaggio (9 minuti) nel blues "addomesticato" di Jeff Healey, che in quegli anni vive i suoi momenti di maggiore successo grazie all'album "See The Light". Molto intensi gli interscambi di Lukather con i synth e l'Hammond di Jan Hammer, noto soprattutto per le colonne sonore dell'indimenticabile Miami Vice, ma anche con l'altra six strings di Steve Stevens, che figura come co-autore della traccia. "Drive A Crooked Road" è basata su un bollente giro di chitarra, e su una linea vocale che sembra figlia di Sammy Hagar, mentre "Got My Way" ritorna a masticare melodic rock di qualità, grazie anche alla partecipazione di super session men come Mike Landau e Randy Goodrum. Stesso discorso per l'opener del lato B "Darkest Night Of The Year", che ribadisce il proficuo sodalizio in fase di scrittura con il già menzionato Steve Stevens, evidentemente non sufficientemente soddisfatto dello spazio concessogli da Billy Idol. "Lonely Beat Of My Heart" immerge Lukather in pieno AOR mood, ed infatti il pezzo porta la firma anche dell'infallibile Diane Warren, con tutto il suo obbligatorio carico di rock al "velluto", sontuoso e sinuoso allo stesso tempo. Prevedibilmente viene girato un videoclip proprio di questa song ad alta probabilità di divulgazione commerciale, in un periodo in cui ancora è gradito un determinato suono, che guarda al rock ed alla melodia in una invidiabile "balance of power". Oltre ai nomi già citati, si associano all'album anche i compagni nei Toto David Paich e Jeff Porcaro, ma non mancano all'appello nemmeno altri eccellenti "star" del settore quali Randy Jackson, Lenny Castro, Tom Kelly e Carlos Vega. Tutti in fila per apparire a fianco di uno dei chitarristi più trasversalmente apprezzati e rispettati del mondo musicale. "Lukather" non può ovviamente raggiungere il livello di popolarità di "The Seventh One", un disco talmente perfetto che, per rivedere un nuovo capitolo del gruppo sul mercato, occorrerà attendere addirittura il 1992, quando uscirà lo zoppicante "Kingdom Of Desire". Steve Lukather si occuperà personalmente delle vocals esattamente come in questo suo lavoro solista, a discapito di un Joseph Williams incredibilmente licenziato nonostante le meraviglie sciorinate in brani indimenticabili quali "Stop Loving You" e "Only The Children". Tuttavia il risultato finale non risulterà assolutamente conforme alle attese di molti fans della band, soprattutto a causa della mancanza di hit in grado di rivaleggiare col passato. Se posso emettere una personale sentenza, magari non condivisa dai più, ritengo che "Lukather" possa contare su una qualità di songwriting decisamente superiore a quella dimostrata da "Kingdom Of Desire". Ma qui, ovviamente, si entra nella sfera soggettiva. 


ALESSANDRO ARIATTI




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