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STORMBRINGER "STORMBRINGER" (1983)



Inciso tra l'agosto ed il settembre 1983, questo primo ed unico album degli svizzeri Stormbringer può essere considerato, a ragione, una sorta di cult item per tutti gli amanti della Deep Purple/Rainbow family. Giri la copertina, e noti immediatamente un chitarrista (Angi Schiliro) che imbraccia una Fender Stratocaster immacolata, con due enormi Marshall a fargli da contorno: ovvio che il primo pensiero vada direttamente a Ritchie Blackmore, e l'impressione viene confermata dalla musica contenuta nel 33 giri. Se al contesto si aggiunge una voce cristallina alla Joe Lynn Turner come quella del "Carneade" David Barreto, ed un tastierista (Fabian Emmenegger) che sembra aver imparato a memoria la lezione dei vari Tony Carey/Don Airey/David Rosenthal, il quadro appare completo. L'opener "Feels Like The Real Thing" è una cover che porta addirittura la firma di Russ Ballard (da "Barnet Dogs" del 1980), nel tentativo forse velleitario, ma comunque coraggioso, di ripetere i fasti di una "I Surrender" e di una "Since You've Been Gone". Di certo agli elvetici non manca l'ambizione, al di là di una proposta dichiaratamente derivativa. Il panorama discografico è sempre stato composto da "leaders" e "followers", nessun problema nell'accettazione di entrambi: semmai la questione si pone quando determinati suoni vengono riesumati pari pari a distanza di 40 anni. Il che lascerebbe pensare ad una sterilità creativa da accontentare solamente gli ebeti. Oppure i neofiti travestiti da esperti. Su "Stormbringer" tutto profuma di "Arcobaleno", come il saettante e geometrico riff di "Searching", traccia aperta da un quasi doloroso assolo di Schiliro, sul quale si avventa poi la rullata di Laurie Chiudinelli. Sempre a proposito di similitudini stilistiche, "Rock'n'Roll Paradise" suona epica e melodrammatica come una "Eyes Of The World", tra "rimasugli" hard rock anni 70 e l'allora rampante urgenza elettrica della New Wave Of British Heavy Metal, capitanata da quei gruppi destinati a scrivere la storia che tutti conosciamo a menadito. "Tear In Your Eye" è la ballad a cui viene relegato il compito di stemperare leggermente i toni, ma non si tratta di una soft song, quanto piuttosto di uno slow nerboruto ed evocativo, incline a ricordare i fasti targati Blackmore/Turner di "Tearin' Out My Heart". L'unica testimonianza ascritta totalmente alla penna di Barreto si rivela l'opener del lato B "Caught Me By Surprise", elegante nella sua equanime gestione tra la chitarra di Schiliro e le keyboards di Emmenegger. "Lady Of The Sky" sentenzia la legittima aspirazione della band ad entrare nelle preferenze dei Deep Purple fans, con il suo notevole incedere tra una "Kill The King" ed una "Lady Double Dealer". Ovvero come saper maneggiare l'eredità dello scontroso "man in black" in ogni sua sfaccettatura. Il 33 giri non riscuote il consenso auspicato, nonostante buone potenzialità che vengono però palesate oltre tempo massimo, quando il mercato sta per spingere verso suoni più cromati e meno vintage, anche da parte degli stessi ispiratori del gruppo (Whitesnake su tutti). La Mausoleum Records ristampa l'album con una copertina differente nel 1985, aumentando la confusione e facendo erroneamente credere all'uscita di un secondo disco. A dire il vero gli Stormbringer riescono ad incidere il seguito di questo omonimo debutto ma, per una ragione o per l'altra, il lavoro non vedrà mai la luce del sole. Peccato, anche perché di loro non si sentirà mai più parlare, ad eccezione di una partecipazione da parte di Barreto a "Division One" dei Far Corporation, "multinazionale" del rock a cui partecipano pure Steve Lukather, Bobby Kimball, Simon Phillips, Robin McAuley ed altri nomi illustri. Al di là della gloria effimera, "Stormbringer" rimane comunque un passaggio altamente consigliato per tutti gli adepti del "Profondo Porpora".


ALESSANDRO ARIATTI




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