Passa ai contenuti principali

TALISMAN "GENESIS" (1993)



Il primo, omonimo Talisman fu una delle meraviglie del 1990. Jeff Scott Soto e Marcel Jacob dimostrarono che, per loro, c’era vita (e che vita!) anche dopo Yngwie Malmsteen ed i suoi Rising Force. Lo fecero attraverso una decina di straordinarie canzoni di hard rock melodico, tra le quali spiccavano le ormai celeberrime “Break Your Chains”, “I’ll Be Waiting”, “Dangerous” e “Day By Day”. Passano ben tre anni prima di rivedere un nuovo lavoro griffato Talisman nei negozi (quando ancora esistevano), il cui titolo risponde al nome di “Genesis”. Ovviamente i pilastri Soto & Jacob sono sempre della partita, ma la formazione prevede stavolta una sola chitarra: al posto di Mats Lindfors e Christopher Stahl, subentra il virtuoso Fredrik Akesson. Rispetto all’esordio, si nota immediatamente una più marcata cifra funky/soul, da sempre pallino di Jeff, che trova un alleato nel lavoro di basso del suo fido compagno dai tempi dei Rising Force. Ovviamente, proporre ad Yngwie Malmsteen un determinato tipo di sonorità sarebbe stata “mission impossible”, pena un sonoro “fuck you”, seguito dall’invito “quella è la porta”. Dopo essersi “presentati” da par loro grazie al suddetto lavoro omonimo, con “Genesis” i Talisman ampliano le proprie prospettive, pur restando assolutamente fedeli all’approccio melodic hard rock/AOR che aveva incantato gli aficionados del settore. Carte subito in tavole con “Time After Time”, il suo groove irresistibile e le linee vocali di Soto, perfettamente equilibrate tra strofe dalla battente ritmica funky ed un refrain da “Gods Of AOR”. Non mancano assolutamente episodi più nerboruti, quasi alla Yngwie Malmsteen, tipo “All Or Nothing” o “Comin’ Home”, così come la sontuosa ballad di turno “All I Want”, che vede al grand piano la stessa fidanzata di Jeff, al secolo Julie Greux. La sensazionale hit di turno è sicuramente “Mysterious (This Time It’s Serious)”, capace di condensare in circa tre minuti netti tutti i pregi del precedente disco, aggiungendo quel “magic touch” di cui può fregiarsi il mood generale di “Genesis”. Non vorrei scomodare i santi in paradiso, ma in canzoni come “If You Would Only Be My Friend”, “Love Child”, “Long Way 2 Go”, oppure “I’ll Set Your House On Fire” spicca quasi l’anima Deep Purple di “Come Taste The Band”, quando Coverdale e Hughes cercarono di spingere la band in una direzione “meticcia” molto marcata, naturalmente osteggiata dai puristi dei Mark II. Gli stessi che oggi, magari, sbavano per le “svisate” di Steve Morse: ma questo è un altro discorso, e non vorrei innescare polemiche futili quanto sterili. Molto più ortodossa è “Give Me A Sign”, col suo riffing deciso e monodirezionale, ben sublimato dalla solita, meravigliosa linea melodica, che sfocia in un chorus da leggenda dell’AOR. Il suono forgiato da Marcel Jacob è limpido come acqua di fonte, anche se si dice che il drummer Jake Samuels abbia abbandonato il gruppo poco prima delle registrazioni, costringendolo quindi all’utilizzo di una batteria programmata. Sarà, ma francamente non si sente per niente, almeno ai miei padiglioni auricolari. Ognuno avrà un proprio “favorite one” nel caso dei Talisman, la cui discografia è folta e ben assemblata, almeno prima della tragica scomparsa di Jacob. Di sicuro, la mia scelta con pistola puntata alla fronte, ricade su “Genesis”.

ALESSANDRO ARIATTI




Commenti

Post popolari in questo blog

INTERVISTA A BEPPE RIVA

C'è stato un tempo in cui le riviste musicali hanno rappresentato un significativo fenomeno di formazione personale e culturale, ed in cui la definizione "giornalista" non era affatto un termine usurpato. Anzi, restando nell'ambito delle sette note, c'è una persona che, più di tutte, ha esercitato un impatto decisivo. Sia nell'indirizzo degli ascolti che successivamente, almeno per quanto mi riguarda, nel ruolo di scribacchino. Il suo nome è Beppe Riva. E direi che non serve aggiungere altro. La parola al Maestro. Ciao Beppe. Innanzitutto grazie di aver accettato l'invito per questa chiacchierata. Per me, che ti seguo dai tempi degli inserti Hard'n'Heavy di Rockerilla, è un vero onore. Inizierei però dal presente: cosa ha spinto te e l'amico/collega storico Giancarlo Trombetti ad aprire www.rockaroundtheblog.it? Ciao Alessandro, grazie a te delle belle parole. L'ipotesi del Blog era in discussione da tempo; l'intento era quello di ritag...

WARHORSE "RED SEA" (1972)

Sul blog abbiamo già parlato del primo, omonimo album dei Warhorse, band nata dall'ex bassista dei Deep Purple, Nick Simper. Il loro debutto, datato 1970, esce in un periodo abbastanza particolare dove, il beat prima ed il flower power poi, si vedono brutalmente scalzati da un suono ben più burrascoso e tumultuoso. Il succitato Simper, pur avendo fatto parte "soltanto" degli albori (i primi 3 dischi) dei Deep Purple, vede la sua ex band spiccare letteralmente il volo con il rivoluzionario "In Rock", contornato a propria volta da altre perniciose realtà quali Led Zeppelin o Black Sabbath. "Warhorse" suonava esattamente come il giusto mix tra l'hard rock "Hammond-driven" di Blackmore e soci, e le visioni dark di Toni Iommi. Il 33 giri, nonostante l'eccellente qualità di tracce tipo "Vulture Blood", "Ritual" e "Woman Of The Devil", non vende molto. Anzi, contribuisce al rimpianto di Simper di essere stato sc...

LABYRINTH: "IN THE VANISHING ECHOES OF GOODBYE" (2025)

Se quello che stiamo vivendo quotidianamente, ormai da una ventina d'anni, non fosse un fottutissimo "absurd circus"; se esistesse una logica a guidare le scelte della mente umana, divenuta nel frattempo "umanoide"; se insomma non fossimo nel bel mezzo di quel "Pandemonio" anticipato dai Celtic Frost quasi 40 anni fa, i Labyrinth dovrebbero stare sul tetto del mondo metal. Nessuna band del pianeta, tra quelle dedite al power & dintorni, può infatti vantare, neppure lontanamente, una media qualitativa paragonabile ai nostri valorosi alfieri dell'hard'n'heavy. Certo, hanno vissuto il loro momento di fulgore internazionale con "Return To Heaven Denied" (1998), della cui onda lunga ha beneficiato pure il discusso "Sons Of Thunder" (2000) che, ricordiamolo ai non presenti oppure ai finti smemorati, raggiunse la 25esima posizione della classifica italiana. Poi la "festa" terminò, non in senso discografico, perché...