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AC/DC "FLY ON THE WALL" (1985)



Non è un periodo facile per gli AC/DC. Il successo planetario in rapida sequenza di "Back In Black" prima, e "For Those About To Rock" poi, sembra ormai un tiepido ricordo. Eppure sono passati soltanto cinque anni da quando "You Shook Me All Night Long" scuoteva le classifiche di mezzo mondo, issando la band australiana tra i gruppi di maggior successo di sempre. In particolare, "Back In Black" risulta tuttora l'album più venduto della storia, dopo l'irraggiungibile "Thriller" di Michael Jackson. Nonostante i notevoli "calci in bocca" tirati da "Flick Of The Switch", il pubblico preferisce attraccare su altre sponde: DokkenMotley Crue e Ratt spostano i gusti verso un hard rock più patinato, in cui la melodia si sposa alla perfezione con l'attitudine elettrica, per un perfetto matrimonio d'amore artistico. Appurato che l'indurimento senza ritegno del loro sound non paga in termini di consenso, i fratelli Young decidono di accettare qualche compromesso in più.

"Fly On The Wall" esce a fine giugno 1985, e se le copertine dei magazines specializzati dedicano le loro attenzioni a nuovi virgulti, è chiaro che un peso massimo come gli AC/DC non può che fare notizia e clamore. Rispetto a "Flick Of The Switch" (da notare le iniziali quasi uguali che compongono le parole del titolo), si denota immediatamente una produzione completamente differente, nella direzione di una minore compattezza e di un maggior riverbero nel suono della batteria. E non si tratta sicuramente di un dettaglio da addebitare al nuovo entrato Simon Wright, che prende il posto dell'instabile Phil Rudd, quanto piuttosto alla voglia di confrontarsi faccia a faccia con gli arena heroes del periodo. Il problema è che gli AC/DC non sono band da refrain ruffiani e da suoni agli steroidi, visto che scelgono un'orgogliosa autarchia anche in fase di incisione e di mixaggio, come precedentemente accaduto per "Flick Of The Switch". Il risultato è infatti piuttosto deludente: un sound slegato, confusionario, come se la band suonasse in sala prove, e Brian Johnson cantasse in cantina, nel disperato tentativo di farsi sentire dal resto della truppa. È questa la prima impressione che risalta all'udito non appena la title-track, un pallido tentativo di ripetere le cannonate di "For Those About To Rock", apra le ostilità nel segno di una prevedibile continuità. "Shake Your Foundations" rimette le cose in sesto per quanto riguarda il songwriting, tuttavia rimane il problema di una batteria troppo in risalto (in particolar modo i piatti) e di un basso praticamente impercettibile. "First Blood" è invece cattiveria heavy metal allo stato puro, con un assolo di Angus che giura vendetta ai nemici. Il primo singolo "Danger" parla il verbo di un bluesaccio sporco e triviale, come quei bassifondi metropolitani evocati dal celebre videoclip. Tocca poi a "Sink The Pink" tentare la carta dell'assalto alle chart americane: dopo un inizio che cita apertamente i The Who di "Won't Get Fooled Again", e che verrà perfezionato nella leggendaria "Thunderstruck", parte un riff al fulmicotone di Malcolm, fino all'esplosione del rimbombante refrain, memorizzabile in tempo zero. "Playing With Girls" pesta duro nella ritmica imposta da Wright, assecondato da un muro di chitarre molto prossimo al boogie ed al rock'n'roll più classico. Se "Stand Up" viene annotata in un ideale libretto contenente le canzoni tipicamente cadenzate della band, "Come Hell Or High Water" si rivela un banalissimo tentativo di rincorrere la scia dello street metal dell'epoca.
Decisamente meglio "Back In Business", col suo riff perentorio ed il suo andamento schiacciasassi, peraltro ottimamente rifinito da uno dei chorus più coinvolgenti del disco. In "Send For The Man" si nota quasi un afflato epico, e Brian Johnson che sputa anche l'anima per ripetere (senza riuscirci) le meraviglie di un passato ancora "caldo".

Nonostante le pesanti pecche in fase di realizzazione, "Fly On The Wall" va incontro ad un buon consenso, piazzando tre singoli/video ("Danger", "Shake Your Foundations" e "Sink The Pink") in rotazione continua presso le televisioni di intrattenimento musicale. Il sospetto che gli AC/DC stiano cercando di strizzare l'occhio a tematiche più commerciali viene confermato dalla pubblicazione, nell'anno successivo, della hit "Who Made Who", colonna portante dell'unico film che vede lo scrittore horror Stephen King alla regia. Mi riferisco ovviamente al pessimo Brivido, che apre e chiude la sua carriera dietro la cinepresa.
Come già detto, "Fly On The Wall" rivendica l'indiscutibile merito di riportare in carreggiata il "buon nome" del gruppo, dopo un paio di anni in sordina a causa dei non esaltanti riscontri di "Flick Of The Switch".

Diciamo che qui finiscono i pregi, ed iniziano i difetti.


ALESSANDRO ARIATTI 






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