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BADLANDS "BADLANDS" (1989)



Ozzy Osbourne
 non è contento di "The Ultimate Sin", un album che, a suo dire, sacrifica la propria impronta personale per gettarsi tra le suadenti braccia dell'hair metal.

Sul banco degli imputati sale principalmente il chitarrista Jake E Lee, che effettivamente può contare su un trascorso storico in gruppi che, di quel genere, sono autorevoli esponenti. Ratt e Rough Cutt su tutti.

Prima di entrare nella Osbourne band, il musicista nippo-americano viene chiamato persino da Ronnie James Dio, anche se la permanenza a fianco dell'ex voce di Rainbow e Black Sabbath ha vita breve. Leggenda narra che, pomo della discordia tra i due, siano i diritti d'autore di alcune canzoni che vanno a comporre "Holy Diver"; in particolar modo "Don't Talk To Strangers", anche se le illazioni vengono messe a tacere in modo perentorio dallo stesso Dio.
Stiamo quindi parlando di un'artista di immenso talento, in grado di misurarsi faccia a faccia, senza timori reverenziali, anche coi più grandi esponenti del metal. Lee non si lascia scoraggiare dal licenziamento di Ozzy, e va immediatamente alla ricerca di inedito "personale" per una nuova avventura.

Badlands, questo il nome della sua "creatura", vengono così presentati nella formazione che comprende il talentuoso vocalist Ray Gillen, il drummer Eric Singer, ed il bassista Gregg Chaisson. Gillen, in particolare, si segnala per la sostituzione di Glenn Hughes nei Black Sabbath durante il tour a supporto di "Seventh Star", nonché per la sua memorabile performance sulla versione originale di "Eternal Idol", addirittura superiore a quella definitiva con Tony Martin.
Il tutto prima che Iommi lo siluri, proprio assieme ad Eric Singer, a causa dei problemi di natura finanziaria che attanagliano la band.

Il cantante mette in mostra il suo incredibile range vocale anche nel secondo capitolo del progetto Phenomena, intitolato "Dream Runner", vero e proprio disco da culto per tutti gli amanti del melodic rock/AOR. Prodotto dal gruppo stesso assieme al compianto Paul O'Neill (conosciuto da Ray Gillen durante la registrazione delle backing vocals di "Hall Of The Mountain King" dei Savatage), "Badlands" furoreggia nell'estate del 1989 nel segno di un hard rock tostissimo, eppure rimodellato a seconda delle esigenze del periodo.
Parlare di hair metal è infatti probabilmente fuorviante, perché la base del suono rispecchia sostanzialmente la lezione degli anni 70, nonostante suono e look rispettino l'estetica della decade successiva. "High Wire" è Led Zeppelin in pieno, con un riff che pare farina dal sacco di "II" opportunamente "trattato" al metallo fumante: Ray Gillen scatena una potenza di fuoco mostruosa, perorando la causa della bollente chitarra di Jake E Lee.
Il primo singolo "Dreams In The Dark" rimbomba come dei Bad Company "anabolizzati", mentre per "Winter's Call" si ripropone in modo altisonante il parallelismo Gillen/Plant. I Badlands viaggiano come un treno deragliante in "Dancing On The Edge", ringhiando heavy metal bastardo e classe esecutiva in egual misura. La stessa formula che viene esibita in "Hard Driver", a differenza di una "Streets Cry Freedom" nemmeno troppo lontana dal southern rock d'autore. Se "Rumblin Train" rispetta l'originale modalità blues, "Devil's Stomp" alterna evocative parti acustiche ad improvvise impennate elettriche. "Seasons" è un pezzo di bravura condiviso tra Lee e Gillen, quasi un preambolo alla sterzata vintage del successivo "Voodoo Highway" (1991), che vede l'ingresso di Jeff Martin al posto di Eric Singer.

L'equilibrio all'interno della band risulta piuttosto instabile, tanto che il terzo album "Dusk" viene pubblicato solamente dopo la scomparsa di Ray Gillen, stroncato dall'Aids nel 1993, a soli 34 anni. Eric Singer, dal canto suo, spicca definitivamente (e meritatamente) il volo quando viene scelto dai Kiss come alter-ego dell'inaffidabile Peter Criss. Jake E Lee si prende invece una lunga pausa dal mondo musicale, prima di rientrare in azione coi Red Dragon Cartel: progetto tutto sommato passabile, ma assolutamente incapace di replicare la magia di un supergruppo come i Badlands, che aveva tutte le potenzialità per diventare grande. Ma grande sul serio.


ALESSANDRO ARIATTI 







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