Se "Carpe Diem", uscito in piena pandemia, ci esortava a "cogliere l'attimo" perché del domani non vi è certezza, col nuovo "Hell Fire And Damnation" i Saxon sembrano aver preso consapevolezza (finalmente?) che non si trattava affatto di una sfortunata parentesi sanitaria. La copertina è cupa, le immagini sono da tregenda, e l'eterna lotta tra Bene e Male (entrambi con la maiuscola) pare diventata qualcosa di più di una semplice citazione dai testi sacri. Guerre a spot, malattie uscite dal nulla, politici che sembrano marionette nelle mani di qualche "entità" superiore: tutto lascia presagire ad un Armageddon imminente. Magari "controllato", come sembra sempre più evidente, ma giustamente gli artisti non possono comportarsi da "reparti stagni" rispetto al mondo che li circonda. Anzi, solitamente fungono da spugna per raccontarne le miserie. Musicalmente parlando, "Hell Fire And Damnation" non aggiunge né toglie nulla rispetto ai Saxon degli ultimi anni (che ormai sono diventati decenni), se non una vena innegabilmente più oscura. Frutto delle tematiche trattate, non c'è dubbio. Come quelle di una title-track che parla apertamente di "riti satanici", celebrati in bella mostra da parte delle malvagie élite: stupendo l'assolo della celebre new entry Brian Tatler (ex Diamond Head). Una delle tracce sicuramente più convincenti è "Madame Guillotine", con quel riff da mid-tempo "cingolato" su cui Biff Byford costruisce una delle linee vocali maggiormente ispirate degli ultimi Saxon. "Fire And Steel" si spinge ai limiti dello speed, e se l'impatto risulta garantito, lo svolgimento appare leggermente scontato. Molto meglio "There's Something In Roswell", traccia ad alto livello di complottismo ben supportata da una chitarra tagliente e dal solito Byford in versione tonante. I giri del motore si impennano con "Kubla Khan And The Merchants Of Venice", ma il refrain ad ampio respiro invoca epiche sensazioni storiche: lo stesso dicasi per "Pirates Of The Airwaves" ed i suoi riferimenti agli indimenticati 80's di "Power And The Glory" e "Crusader". Le tracce a tema "culturale" riprendono con "1066" e "Witches Of Salem", quest'ultima addirittura aperta dalle grida delle streghe condannate alla tremenda punizione del fuoco purificatore. "Super Charger", col suo selvaggio riff NWOBHM, mette la parola fine ad un lavoro agile, snello, privo di appesantimenti legati ad un esagerato minutaggio. Nessuna sorpresa, nessun cedimento, semplicemente l'ennesimo album dei Saxon che non sfigura nei confronti di un enorme passato, e che si pone in seria competizione rispetto alle loro ultime uscite. Stiamo parlando di una band che tira la carretta dal 1979 o giù di lì: molti lo danno per scontato, ma così non è. Per niente.
ALESSANDRO ARIATTI
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