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THE END MACHINE "THE QUANTUM PHASE" (2024)


Dato di fatto numero 1: Don Dokken e George Lynch non si sono mai sopportati, nonostante una "chimica" vincente pressoché unica. Dato di fatto numero 2: sono presenti più membri originari della band di "Tooth And Nail" nei The End Machine (Lynch e Pilson) che negli attuali Dokken (solo Don). Non è ovviamente una gara di legittimità, ma la domanda sorge spontanea: chi, fra i due "contendenti", può fregiarsi maggiormente di un banner così importante e rappresentativo della cultura 80's? Come un Ponzio Pilato qualsiasi, personalmente rispondo "entrambi"! Vero che l'ultimo "Heaven Comes Down", al di là di un importante abbassamento nelle tonalità di Don a causa di problemi fisici non indifferenti, mostrava un livello di songwriting decisamente superiore alla media; tuttavia anche questo "The Quantum Phase" dimostra che, quando vogliono, George Lynch e Jeff Pilson possono legittimamente fregiarsi del banner "Dokken Mark 2". Il nuovo vocalist Girish Pradhan (prende il posto di Robert Mason), a quanto pare caldamente consigliato dallo stesso boss di Frontiers Records, è una bella sorpresa. Pulita quando le melodie lo richiedono, aggressiva e "graspy" nei momenti maggiormente intensi, la sua ugola diventa "il fattore X" di canzoni come la rutilante opener "Black Hole Extinction", con le sue atmosfere da fantascienza distopica, oppure della ben più class oriented "Killer Of The Night". Se "Silent Winter" bilancia le due tendenze succitate, la perentoria "Hell Or High Water" scatena la danza di uno sleaze rock'n'roll da manuale. Stupenda la semi-ballad "Burning Man", con quei riferimenti nemmeno troppo velati ai Warrant "decadenti" di "Dog Eat Dog", mentre "Shattered Glass Heart" pesca nuovamente dal periodo aureo della "hair metal scene". Ambizione più che legittima, visto che siamo di fronte ad un paio di prime movers di "quella" Los Angeles. Anche la solare "Time" non fa nulla per nascondere mire nostalgiche nei riguardi del periodo, ed infatti Lynch azzecca uno dei tipici riff taglienti che avevano reso grandi i "suoi" Dokken. La seconda porzione dell'album suona in generale decisamente più vintage, impressione confermata da "Hunted" e da una "Stranger In The Mirror" il cui chorus si posiziona su frequenze quasi AOR. Gli unici due brani sottotono rimangono la statica "Stand Up", un po' troppo standardizzata specialmente nel refrain, e la conclusiva "Into The Blazing Sun", francamente fuori contesto rispetto al resto del disco. Nel confronto a distanza con l'eccellente "Heaven Comes Down" dei Dokken, "The Quantum Phase" esce a mio modesto parere sconfitto. Resta comunque un gran bel "accontentarsi"! 


ALESSANDRO ARIATTI 








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