Le brume gotiche di "Them" (1988), perfetto plot per un B-movie da Hammer Production, non sono state sufficienti. È il 1989 quando King Diamond, il prime mover del concept inserito in contesto metal con "Abigail" (1987), annuncia che il nuovo album "Conspiracy" altro non sarebbe stato che la continuazione, e conclusione, della storia narrata sul disco precedente. Avevamo lasciato il protagonista (il cui nome risponde ovviamente a King) sconvolto per una telefonata dall'aldilà, attraverso cui la malefica nonna gli intimava di tornare ad Amon, la magione teatro degli infausti eventi narrati in "Them". "Grandma" fu uccisa dallo stesso King, come estrema punizione per aver causato la morte della sorella Missy, attraverso l'evocazione degli spiriti che albergavano la casa maledetta. Un atto che gli costò l'internamento in manicomio per ben 18 anni. Ora King si è impossessato di Amon, ed il suo desiderio più grande è quello di rivedere, almeno per l'ultima volta, la sua Missy. Anche a costo di stipulare un innominabile patto con quei fantasmi che la nonna riusciva ad evocare così bene durante i suoi cruenti rituali.
Ed è proprio in questo modo che si apre "Conspiracy", col tour de force (9 minuti) di "At The Graves", in cui succede praticamente di tutto. Le tastiere, spettrali ed infantili, accompagnano King mentre rimpiange la gioventù passata a giocare e scherzare assieme alla sorellina, auspicando un ponte tra le due dimensioni attraverso l'intercessione di "loro" (Them). Il brano s'impenna, il cantato diventa teatrale ed acuto come da miglior tradizione Diamond, ed alcuni versi restano realmente impressi. Tipo quel "icy fingers all over my head" (dita ghiacciate nella mia testa) che viene ripetuto più volte, e che sancisce l'accordo tra le entità che infestano la dimora e King stesso. Spettacolare l'impatto delle chitarre di Andy LaRoque e Pete Blakk, mentre si nota immediatamente un utilizzo molto più consistente delle keyboards (suonate dal misterioso produttore Paulo Falcao) rispetto al passato, sia recente che remoto.
Le notti di King diventano ben presto completamente insonni, in attesa di un segnale di Missy che ne confermi l'avvenuto contatto. "Sleepless Night", con il suo alternarsi tra parti soffuse e rabbiose, descrive perfettamente lo stato psichico borderline del protagonista che, appena scocca la mezzanotte, riesce a sentire quelle voci che uccidono il dolore. "Solo 'loro' possono farci incontrare, anche se lei ora è morta", oppure "così facemmo un patto sotto un cielo stellato ed Amon ora gli appartiene": sono alcune delle strofe contenute in un pezzo memorabile. "Lies" ben descrive, quasi si trattasse di un monologo recitativo, il rapporto paziente/psichiatra della novella in questione, con Diamond che mente al dottor Landau su tutta la linea. Alle domande dello specialista, King utilizza "risposte che piacciono ai medici", sostenendo di "dormire come un bambino", perché "idioti di quel tipo si meritano bugie". E soprattutto che "non è mai più esistito un 'loro' nella testa", per la soddisfazione professionale dello stesso Landau. La realtà è ovviamente ben diversa.
Una notte, infatti, King sente una presenza nella propria stanza, e sì: è proprio Missy, tornata dall'Oltretomba per avvertirlo che qualcosa di terribile sta per accadere. Alla richiesta di essere più precisa, la sorella risponde con un laconico "I will send you a dream" (ti manderò un sogno). Si tratta di una traccia inizialmente molto delicata, onirica, con l'ugola di Diamond che ne rispecchia fedelmente la tematica. Poi il tutto si impenna, quasi a voler sottolineare l'emozione, mista a terrore, da parte di King, che torna a rivedere Missy dopo i famigerati 18 anni di istituto psichiatrico. Ma cos'è questo sogno premonitore di future sventure? Si apre il lato B del 33 giri, e lo scopriamo immediatamente. La marcia nuziale di Wagner introduce "The Wedding Dream", e le immagini sono un durissimo colpo per King: vede infatti la madre, vestita da sposa, che sta per unirsi in matrimonio proprio col dottor Landau, intenzionato ad appropriarsi della casa. L'istrionismo di Diamond si supera, e dalla sua voce sembra letteralmente uscire sdegno per la scelta del genitore, e paura per le conseguenze che potrebbe comportare. Gli assoli, acuti e lancinanti, aggiungono tensione alla tensione,
"Il presagio", orrorifico e vertiginoso, conduce King in un abisso di follia, e quando riceve la visita della madre, accompagnata dal subdolo psichiatra, non si nasconde più dietro le bugie di facciata. "Non c'è possibilità che io lo faccia entrare, perché ora Amon appartiene a 'loro'" le dice in un drammatico faccia a faccia sulla porta. "Amon Belongs To Them" suona piuttosto dinamica e pulsante, proprio come sarebbe una disputa verbale ad alto tasso di tensione. Con l'additivo, non indifferente, che le parole di King appaiono deliranti, folli e sconclusionate, almeno agli occhi del dottor Landau. "Something Weird" è un funzionale interludio strumentale, giocato tra la chitarra di LaRoque e le tastiere, che prepara per il "gran finale" a mo' di soundtrack cinematografica.
E l'epilogo non delude affatto le attese anche se, come da tradizione del cantante danese, non si tratta certo di un "happy ending". In "Victimized", i futuri coniugi corrono dal reverendo Samael, raccontando della nuova ondata di follia che ha colpito King: la stessa che, appunto 18 anni prima, lo aveva portato a decapitare la nonna in un crescendo mortale di allucinazioni. Il prete crede alla coppia, sostenendo che King potrebbe essere addirittura posseduto da Satana stesso e, finalmente, il protagonista pronuncia la fatidica parola: "conspiracy", complotto! Il pezzo è una sorta di recitazione altamente drammatica, con Diamond che interpreta la parte di questo o di quel personaggio, adattando la timbrica e la cadenza per le diverse situazioni. A questo punto non si capisce chi sia più pazzo, perché il reverendo Samael ("he's the venom of God itself" recita una frase) suggerisce una drastica soluzione: bruciare il ragazzo e riporre le sue ceneri assieme a quelle della sorella Missy. È ciò che accade in "Let It Be Done", un breve gioco di ombre nere come la notte, che decreta la terribile fine del protagonista; e finalmente il dottor Landau, assieme alla madre traditrice, potranno avere Amon tutta per loro. La conclusiva "Cremation" è una folle corsa verso il compimento del rito del fuoco, ma proprio mentre gli ultimi barlumi di vita lo abbandonano, King ha la forza di lanciare una terribile maledizione. "Tornerò dalla tomba solo per darti la caccia, puttana abbandonata da Dio" sono le sue ultime parole prima di spirare. Il brano risente anche dell'influenza Goblin, con quelle inquietanti keyboards "carillon" che ricordano abbastanza da vicino i temi più celebri tratti dai film di Dario Argento, Phenomena in primis. Peccato che Diamond non ci abbia voluto far sapere nulla sul futuro della coppia nella tanto agognata abitazione. Sono certo che "loro", grazie anche alla partecipazione del nuovo "spiritello" King, non gli abbiano reso vita facile.
ALESSANDRO ARIATTI
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