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DEF LEPPARD "PYROMANIA" (1984)




Da oltranzisti alfieri della New Wave Of British Heavy Metal con "On Through The Night", a rampanti candidati al trono delle classifiche USA con "High'n'Dry". Non si può certo dire che la carriera dei Def Leppard sia contraddistinta da immobilismo stilistico, nonostante un marchio di fabbrica comunque riconoscibile dopo pochi secondi. È vero, molti "talebani" della prima ora storcono leggermente il naso alle avvisaglie più easy listening sviscerate da canzoni come "Let It Go" e (soprattutto) "Bringin' On The Heartbreak", tuttavia sfido chiunque, ancora oggi a porre il dubbio sul loro incontestabile pedigree heavy metal. Sono gli anni in cui il "modello" di successo senza compromessi viene individuato dall'incredibile sound di "Back In Black" degli AC/DC, con il deus ex machina Robert John "Mutt" Lange a stabilire uno "standard" di efficienza possibilmente replicabile, ma francamente insuperabile.

Normale quindi che i Def Leppard insistano nella fruttuosa partnership con questo autentico mago della consolle, responsabile come pochi nella definizione di un suono energico ed allettante in pari misura. Con una particolare empatia nei riguardi delle esigenze di un pubblico che, oltre all'urgenza elettrica, inizia a mostrare interesse verso strutture melodiche da non sottovalutare.

Durante la realizzazione del terzo album da studio "Pyromania", il gruppo decide di separarsi dal chitarrista Pete Willis, invischiato in storie di abusi alcolici che ne minano la lucidità artistica. Al suo posto entra Phil Collen, "sorvegliato speciale" sicuramente per gli album "Sheer Greed" e "Wasted Youth" dei Girl, band che peraltro annovera tra le proprie fila il vocalist Phil Lewis, futura stella del firmamento sleaze/street con gli L.A. Guns. Viste le tempistiche, il nome di Willis compare comunque tra i credits di una buona metà di "Pyromania", con conseguente beneficio per le tasche del medesimo. Detto in soldoni, il 33 giri sfonda infatti nei soli Stati Uniti il tetto delle dieci milioni di copie, arrendendosi giocoforza alle impossibili cifre di "Thriller" di Michael Jackson, ma guadagnandosi addirittura il premio di "disco di diamante". Della serie, quando nemmeno il platino è una lega sufficiente a decretarne il valore.

Il segreto va ricercato in dieci canzoni-dieci che, nonostante la loro virale carica hard'n'heavy, possiedono il carisma per diventare altrettanti singoli ad elevata diffusione mass-mediatica. Come si enunciava precedentemente, il punto di riferimento restano gli AC/DC, ma la cura ai dettagli ed alle dinamiche dei cori "spaccatutto" da parte di "Mutt" Lange si rivela addirittura maniacale. Mai si era sentito fino ad allora, almeno in un disco metal, un gioco "ad incastro" talmente perfetto nella forma e nella sostanza; ed il merito va sicuramente suddiviso tra il songwriting di una band in stato di grazia e la genialità di un autentico "visionario" del suono. L'opener "Rock Rock (Til You Drop)" mantiene fede al titolo, con un Joe Elliott cattivo e distorto ad incanalare la rabbia di un riff che ha ben pochi eguali. Il singolo "Photograph" usa la dinamica ritmica di "You Shook Me All Night Long", ma addomestica il refrain in un esercizio di (bello) stile assurto ad invidiabile forma espressiva. Poi tocca alle finte suggestioni live di "Stagefright" che si portano appresso le ultime scorie di NWOBHM, prima che "Too Late For Love" contagi l'audience con la sua carica finto-blues alla "Spellbound" (sempre dal book AC/DC). "Die Hard The Hunter" viene aperta da un arpeggio carico di suggestioni che lasciano presagire l'imminente uragano, tra l'esplosione del riff di chitarra ed un mosaico di linee vocali in grado di farci letteralmente "desiderare" l'agognato chorus, in un crescendo irresistibile. "Foolin'" e "Coming Under Fire" regolano il lato più melodico dell'album, mentre l'anthem "Rock Of Ages" impone al drumming di Rick Allen un perentorio groove "dance metal" che, ben tre decadi dopo, avrebbe consacrato la celebrazione Hollywoodiana di un'epoca irripetibile, tra intensi musical teatrali e trasposizioni cinematografiche, grazie a star quali Tom Cruise, Alec Baldwin, Paul Giamatti e tanti altri.

Già, "Pyromania" è un album talmente "grande" da essere diventato, nel corso degli anni, autentico fenomeno di cultura trasversale, con buona pace per i revisionisti "un tanto al like". L'epidermica "Action Not Words" ed il sofisticato heavy rock di "Billy's Got A Gun" sentenziano la qualità impareggiabile di uno degli eventi "spartiacque" degli anni 80. Con il mondo nelle proprie mani, i Def Leppard si apprestano a pubblicare il seguito di "Pyromania", tuttavia destino vuole che il batterista Rick Allen perda un braccio a seguito delle conseguenze di un tragico incidente stradale. Ma sono tempi di valori e di amicizia reali, non di contatti Facebook, così Joe Elliott, Rick Savage, Phil Collen e Steve Clark aspettano pazientemente il recupero dell'amico, che si dedica anima e corpo all'utilizzo di batterie elettroniche, costruite appositamente per sostituire l'utilizzo del braccio con quello del piede.

Risultato? "Hysteria" (1987), dodici milioni di copie vendute nei soli States, nonché uno dei simboli più fulgidi degli Eighties, artisticamente ed esteticamente. "Genio" Lange stabilisce le regole di una produzione destinata a fare scuola, tanto che "un certo" Bryan Adams attenderà ben quattro anni per averlo a propria disposizione su "Waking Up The Neighbours", chiedendogli letteralmente di replicare il suono "alla Hysteria". Vi chiedete come mai i Def Leppard riempiano ancora gli stadi? La risposta è lì, sotto i vostri occhi ed a portata di padiglioni auricolari: cercate di aprirli per bene.


ALESSANDRO ARIATTI







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