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DIO "LOCK UP THE WOLVES" (1990)



Nonostante la presenza di Craig Goldy su "Dream Evil", col suo piglio da class metal hero, le quotazioni dei Dio sembrano ristagnare. Ronnie capisce che è giunto il momento per una rinfrescata completa della line up, così non si fa eccessivi problemi a silurare tre dei suoi più fidati e storici collaboratori: Vinnie AppiceJimmy Bain e Claude Schnell. Oltre, fatalmente, al già menzionato Goldy. Non deve essere stato facile, nemmeno per un carattere deciso come il suo, mettere alla porta musicisti di fiducia come i suddetti, con i primi due che seguono il cantante italoamericano fin dai tempi, rispettivamente, di Black Sabbath ("Mob Rules") e Rainbow ("Rising").

La vita va avanti, così inizia una serie di audizioni che porteranno nei Dio innanzitutto il giovanissimo virgulto Rowan Robertson, in un tentativo da parte di Ronnie di replicare il colpaccio messo a segno dal "rivale" Ozzy con la scoperta dell'allora imberbe Zakk Wylde. Seguono poi Jens Johansson (ex Malmsteen) alle tastiere, Simon Wright (ex AC/DC) alla batteria, e l'altro "moccioso" della situazione Teddy Cook al basso, peraltro reduce dal capolavoro AOR/hair metal "Bed Of Nails" assieme ai China Rain di Randy Jackson. Un piccolo/grande orgoglio nazionale, visto che l'album vede la luce solamente grazie alla mirabile operazione di recupero della milanese Dig-It Records.

"Lock Up The Wolves" esce a metà maggio 1990, a ben tre anni di distanza da "Dream Evil"; un intervallo temporale assai importante per i tempi, ma assolutamente giustificabile a causa di una formazione che, Ronnie a parte, deve praticamente ricominciare da zero. Rispetto alla copertina in stile "fiaba nera" del suo predecessore, stavolta si punta maggiormente sull'orrorifico, con un'arcana figura dalle minacciose sembianze pagane che tiene a guinzaglio due belve assetate di sangue. Il tutto ambientato in un "altrove" desolato dove, per citare il testo del suo classico "Egypt" (da "The Last In Line"), occorre "pregare per finire la giornata". Tanto diverso dalla realtà odierna? Io non credo.

Doti divinatorie a parte, preme rimarcare come "Lock Up The Wolves" rappresenti una svolta decisamente più oscura se paragonato ai due dischi precedenti, con i riff di Robertson che guardano più spesso al doom che non al class metal. Le stesse tastiere, da quasi strumento portante in diversi episodi di "Dream Evil", vengono relegate nell'angolino, nonostante l'ingresso dell'asso Johansson possa inizialmente trarre in inganno. Almeno sulla carta. Jens è infatti appena percepibile sia sullo speed d'apertura "Wild One" che nei suoi alter ego ritmici "Between Two Hearts" ed "Evil On Queen Street", ma è generalmente la scelta di mixaggio che tende a "sotterrare" le keyboards in favore di chitarra e batteria. Uniche concessioni melodiche di un lavoro molto tendente "al nero" riportano i titoli di "Hey Angel" (lodevole) e "Night Music" (molto più anonima). Il resto è, in qualche modo, materiale anticipatorio di quello che avremmo ritrovato un paio d'anni dopo su "Dehumanizer" (1992), disco che segna il ritorno di Ronnie in seno ai Black Sabbath.
Dalla cadenzata "Born On The Sun" alla ben più urgente "Walk On Water", dalla spietata "Twisted" alla paranoica (stranamente inclusa solo sulla versione CD) "Why Are They Watching Me".

Discorso a parte merita la title-track, ovvero uno dei brani più evocativi, misteriosi ed affascinanti dell'intero repertorio Dio: aperta da un inquietante ticchettio di orologio, la canzone si snoda su un tempo lentissimo, nel quale finalmente anche le tastiere di Johansson risuonano decisive per la creazione della giusta ambientazione da tregenda. Il crescendo è irresistibile ed emozionante come pochi, con l'implacabile tambureggiare di Wright (in modalità Vinnie Appice) che inscena un autentico countdown per l'Apocalisse. Le lancette del Doomsday Clock si muovono pericolosamente in prossimità della mezzanotte e del conseguente "game over": two minutes to midnight, per citare gli Iron Maiden? Forse meno.

Nonostante la rivoluzione di line-up, "Lock Up The Wolves" non riscuote il consenso sperato, tanto che, alcuni mesi dopo, Ronnie deciderà di ricongiungersi ai vecchi compagni Toni Iommi e Geezer Butler, per la proficua rimpatriata dei Black Sabbath "Mark 2".

E, chi li ha visti in azione al Monsters Of Rock edizione 1992, saprà perfettamente a cosa mi riferisco. But that's another story.


ALESSANDRO ARIATTI




 



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