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"RATT'N'ROLL": ASCESA E DECLINO DEI SULTANI DI HOLLYWOOD. L'EPOPEA DI PLATINO 1983-1990.




I più giovani, ammaliati dalla popolarità ancora rampante dei Motley Crue, nonostante un Vince Neil impresentabile per vocalità e stazza, faranno fatica a crederci. Eppure c'è stato un periodo, nemmeno troppo breve, in cui il pubblico era letteralmente diviso tra la fazione a supporto di Nikki Six & Co e quella favorevole ai Ratt. Tanto per fare un esempio, l'esordio sulla lunga distanza dei "Roditori" di Los Angeles ("Out Of The Cellar"), dopo un primo EP omonimo e "preparatorio", supera le vendite del celeberrimo "Shout At The Devil", accendendo una rivalità che contraddistingue gran parte degli 80's americani. Inutile ripercorrere le vicissitudini legate alla nascita dei Ratt, tra entrate ed uscite eccellenti dal gruppo (uno su tutti Jake E Lee, poi sostituto di Rhandy Roads a fianco di Ozzy Osbourne): la configurazione definitiva, quella che è destinata a scrivere la storia "hair metal", è indiscutibilmente stabilita in cinque personaggi ben precisi. Il vocalist Stephen Pearcy, la coppia di chitarre Robbin Crosby/Warren De Martini, ed il polmone ritmico alimentato dal bassista Juan Croucier e dal batterista Bobby Blotzer. Come si diceva, spesso e volentieri si tende ad incamerare Motley Crue e Ratt in un medesimo genere musicale, tuttavia la differenza iniziale è sostanziale. Se infatti "Too Fast For Love" dimostra che, in fondo, Sixx e compagni non sono ancora esenti da rimasugli punk, la musica dei Ratt prende piede dalla lezione heavy metal dei Judas Priest datati primi 80's. Certo, poi il tutto viene trattato in maniera più "gentile", e lo stesso look sgargiante consente la similitudine con i Crue, eppure le radici dei due gruppi divergono piuttosto nettamente. "Out Of The Cellar" esce a marzo 1984, e dimostra un suono inconfondibile, già parzialmente svelato dall'omonimo mini-LP rilasciato l'anno precedente. Grande merito per una simile originalità (ebbene sì, per l'epoca trattassi di un approccio "nuovo"), oltre all'innegabile talento compositivo dei Ratt, è sacrosanto ascrivere al produttore Beau Hill (ex Shangai) il ruolo di protagonista, perché confeziona un sound aggressivo ma di classe. Intuendo al volo le esigenze di un mercato in evoluzione. Trainato da singoli di enorme diffusione mediatica come "Round And Round" e "Wanted Man", "Out Of The Cellar" ottiene ben presto il doppio platino (2 milioni di copie) negli States, candidando il quintetto a nuovo modello ispiratore per centinaia di gruppi figli degli anni Ottanta.




Oltre ai due hit succitati, l'album vive di rasoiate che devono, appunto, molto ai Judas Priest del periodo "British Steel"/"Point Of Entry"/"Screaming For Vengeance", come nel caso di "In Your Direction", "Lack Of Communication" ed "I'm Insane", nelle quali solo la viziosa voce di Stephen Pearcy funge da linea di demarcazione rispetto agli algidi vocalizzi di Rob Halford. In copertina appare una bellissima modella di nome Tawny Kitwaen (protagonista anche sul video di "Back For More") che i più attenti ricorderanno come futura Signora Coverdale, nonché protagonista dei famosi clip targati Whitesnake "1987": "Still Of The Night" e "Here I Go Again".


Un simile impatto impone il nome dei Ratt direttamente tra le priorità della Atlantic Records, così quando esce il secondo LP (1985) nessuno si stupisce dell'accoglienza riservatagli. Confermatissimo tutto il team di "Out Of The Cellar" (date le vendite monster), "Invasion Of Your Privacy" ne consolida lo stile, alzando ulteriormente il volume delle chitarre ed implementando la solidità ritmica. Il singolo "You're In Love" è basato su un riff tanto basico quanto efficace, tanto da consentire il paragone con i già citati Judas Priest di "You've Got Another Thing Coming". Ancora una volta, tocca ad una splendida modella (la playmate Marianne Gravatte) comparire su una copertina "anni 80 che più anni 80 non si può", e la ragazza viene scritturata pure per comparire nel video di "Lay It Down", mid tempo tutto muscoli e melodia che non fatica a scalare le charts. Tra la dinamitarda "Never Use Love", l'irresistibile "What You Give Is What You Get", ed una ballad stile Miami Vice come "Closer To The Heart", "Invasion Of Your Privacy" è un disco che non mostra il benché minimo segno di cedimento. Dieci canzoni perfette per 35 minuti di durata, e sfido chiunque a trovare anche un solo secondo di troppo. L'album conferma per filo e per segno i risultati di "Out Of The Cellar", con i suoi due milioni di copie vendute che fruttano la settima posizione assoluta nelle classifiche di Billboard.




Inutile dire che i tour della band si fanno sempre più importanti e massicci, col supporto a calibri massimi quali Ozzy Osbourne e Bon Jovi, seguendo di pari passo l'andamento di vendite assai soddisfacenti. L'inversione di tendenza è però dietro l'angolo. "Dancing Undercover" (1986) tiene fede al motto "squadra che vince non si cambia", ed il suono confezionato dal solito Beau Hill risulta ancora più fragoroso e metallico rispetto ad "Invasion Of Your Privacy". Non sono sicuro del fatto che sia proprio questo il motivo per cui l'album venda un terzo rispetto ai due predecessori. Di certo l'avvento di un hard rock sempre più venato di pop, capeggiato dai Bon Jovi di "Slippery When Wet" e dagli Europe di "The Final Countdown", definisce un nuovo standard commerciale. "Dancing Undercover", almeno per quanto mi riguarda, è un disco a cinque stelle, ma capisco che se canzoni come "You Give Love A Bad Name" e "Livin' On A Prayer" diventano il passepartout per scardinare la cassaforte delle vendite, allora un singolo come "Dance" perde già in partenza. Per non parlare di "Body Talk" o "Slip Of The Lip" (gli altri due videoclip estratti), nelle quali la batteria di Bobby Blotzer è un autentico rombo di tuono, mentre le chitarre di Crosby e De Martini eruttano lava bollente. 





Il campanello d'allarme, acceso dalle attese (parzialmente) deluse da "Dancing Undercover", impongono un cambio di passo stilistico. Passano infatti due anni dall'uscita del quarto 33 giri "Reach For The Sky", che vede i Ratt "flirtare" per la prima volta con il pop metal. Beau Hill viene affiancato dallo "specialista" Mike Stone dietro al mixer, ed il risultato è un lavoro sicuramente meno potente e frastornante rispetto al predecessore. Non che Pearcy e soci siano diventati i nuovi Bon Jovi, eppure un singolo come "I Want A Woman" la dice lunga sul tentativo easy listening intavolato dalla band. Nel 1987, poi, gli Aerosmith tornano a dominare le classifiche USA con il magistrale "Permanent Vacation", ed una manciata di formidabili singoli dall'airplay praticamente obbligato. Inaspettatamente, almeno per le proprie caratteristiche molto quadrate, i Ratt tentano di scrivere la loro "Rag Doll" con "Way Cool Jr", ma i risultati non sono propriamente esaltanti. Decisamente meglio quando il gruppo "fa il suo", confermando la predisposizione heavy-class su canzoni come "City To City" o la rutilante "Chain Reaction". "Reach For The Sky" replica il medesimo risultato di "Dancing Undercover", raggiungendo il platino (un milione di copie), ma confermando in buona sostanza quanto il mercato dei Ratt rimanga "plafonato" su quelle cifre. Oggi sarebbe oro che cola, certo, ma stiamo parlando di tutto un altro mondo. 



La svolta definitiva verso lidi AOR oriented avviene nel 1990, quando Atlantic Records impone alla band di collaborare con "l'uomo d'oro" del momento Desmond Child, coautore di alcuni degli hit pop metal più celebri ed autorevoli degli 80's. L'operazione riesce piuttosto bene, e brani tipo "One Step Away" e "Givin' Yourself Away" scatenano l'indole melodica della band, sulla scia dei Danger Danger dell'omonimo esordio. Forse i Ratt avrebbero dovuto puntare ad un album totalmente incentrato su questa falsariga, evitando ripescaggi sleaze di maniera come "Shame Shame Shame", oppure certe tentazioni Aerosmith palesate senza troppi giri di parole su "Scratch That Itch" e "Heads I Win, Tails You Loose". Il risultato è un album formalmente splendido, ma stilisticamente un pò confuso e privo di una direzione ben precisa. Considerando anche il fatto che l'epoca aurea per determinate sonorità è arrivata praticamente agli sgoccioli. "Detonator" si ferma al disco d'oro, con vendite che si aggirano attorno alle 500.000 copie: tante per molti, assai poche per loro.




L'ultimo colpo di coda è la partecipazione alla colonna sonora del blockbuster Point Break, con il pezzo "Nobody Rides For Free", inciso appositamente per l'occasione. Tuttavia il destino è segnato, e nel 1992 i Ratt si sciolgono. Non mi dilungo sulle peripezie successive, compresa la tragica scomparsa di Robbin Crosby: il chitarrista risulta positivo all'HIV, una situazione che lo porterà alla morte nel 2002. Restano le testimonianze di una band che ha saputo rappresentare gli anni 80 come poche, grazie ad un sound letteralmente unico e caratterizzante, nonché a dischi talmente belli che resistono a qualsiasi usura del tempo. All'epoca fu coniato il termine "Ratt'n'Roll", e le peculiarità della loro musica ne giustificano ampiamente l'invenzione. 


ALESSANDRO ARIATTI 

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