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SAVATAGE "STREETS" (1991)



Stappato lo champagne di Broadway con "Gutter Ballet" (1989), i Savatage capiscono di sentirsi perfettamente a proprio agio tra orchestrazioni e sinfonie, sempre ovviamente filtrate attraverso impellenti rasoiate metalliche. Passano due anni dal precedente capolavoro e, nell'autunno 1991, viene dato alle stampe un nuovo capitolo da studio: "Streets". Fin dall'aristocratica copertina in "sangue blu", si capisce che la scelta stilistica non ha intenzione di cambiare affatto rispetto al blasonato predecessore. Anzi, quale migliore viatico di un concept album per ribadirne la magniloquente vena espressiva? I Savatage, ed in particolare "Big" Jon Oliva, non dimenticano tuttavia le proprie radici stradaiole: infatti, ben lungi dal comporre una "piece" politically correct, il cantante opta per una storiaccia di droghe e perdizione, il cui protagonista DT Jesus sembra tanto rivestire le sue sembianze.

Autobiografica? Beh, fino ad un certo punto, perché "Streets" arriva a toccare temi metafisici e profondamente religiosi che, per quanto ci è dato sapere, non stanno esattamente nelle corde di Mister Oliva. La traccia che intitola il disco si apre su un coro fanciullesco, intonato dai bambini del Mozart's Magic Flute, che vengono a propria volta diretti dal maestro Robert Kinkel: un nome destinato a legarsi a doppio filo allo stesso Jon per la munifica esperienza della Trans Siberian Orchestra. Il brano è una sorta di Black Sabbath "in salsa musical", e sicuramente il tocco del produttore Paul O'Neill, ormai diventato membro esterno stabile del gruppo, si fa sentire in tutta la sua visionaria personalità. Ma l'intreccio narrativo vero e proprio inizia soltanto con la successiva "Jesus Saves", magistralmente bilanciata tra il riff aggressivo di Criss Oliva e sintetizzatori in pieno 80's style, ancorati ovviamente tra le sapienti "manone" del fratello. "Tonight He Grins Again" si aggrappa alla lunga scia di "Gutter Ballet" (la song), e quel "time time time again, I'm just looking for a friend" sintetizza in poche battute, come solo Jon Oliva è in grado di fare, un mood emozionale di rarissima intensità. Questione di voce: e la sua non mente mai!

Non che vi sia bisogno di scontate conferme per un simile postulato, eppure l'ennesima dimostrazione avviene tra le agrodolci atmosfere di "A Little Too Far" e "Heal My Soul", rarefatte magie appannaggio esclusivamente di ugola e pianoforte. Così come nelle asprezze heavy di "Sammy And Tex", oppure nel tripudio di sontuosità elettrica "You're Alive", dove il fantasma di Meat Loaf aleggia beffardo, impartendo un'ideale benedizione artistica alla svolta della band. L'indirizzo risulta chiaro e nitido, infatti tracce quali "Strange Reality", "Ghost In The Ruins" e "Can You Hear Me Now" colpiscono dritte al punto, con i Savatage in grado di "palleggiare" in maniera disinvolta tra le due rispettive anime stilistiche. Del resto, se hai in squadra due fuoriclasse come gli Oliva Brothers, il gioco appare persino piuttosto agevole, tra la disperata preghiera di "St.Patrick", la dolce rassegnazione di "If I Go Away", e le amare disquisizioni interiori contenute in "New York City Don't Mean Nothing".

L'apoteosi finale viene riservata alla micidiale accoppiata "Somewhere In Time"/"Believe", con quest'ultima che resta tuttora il resoconto definitivo del talento compositivo ed espressivo di Jon, letteralmente in stato di grazia. "I am the way I am the light, I am the dark inside the night": esiste un solo metalhead che non abbia mai ascoltato questi rintocchi di struggente talento? Tra l'altro, ad un certo punto, il cantante americano si inventa la genialata di citare i versi di "When The Crowds Are Gone" da "Gutter Ballet" ("I never wanted to know, never wanted to see, I'm wasting my time till time wasted me"), particolarmente funzionali per la parte finale del racconto in oggetto.

La nemesi del protagonista è servita, con "Big" Oliva che veste i panni di entrambi i Gesù: quello "downtown" (DT) e quello nell'alto dei cieli, in una sorta di dialogo tra estremi. Oltre ad essere giustamente considerato un CAPOLAVORO assoluto, "Streets" rappresenta l'ultima, effettiva testimonianza che vede entrambi i fratelli Oliva nella formazione ufficiale del gruppo. Di lì a poco, Jon lascerà infatti il microfono alla sua "scoperta" Zachary Stevens, che inaugurerà il proprio corso su "Edge Of Thorns". Nel 1993 Criss perderà invece la vita a causa di un fatale e tragico incidente stradale, costringendo il "big brother" a riprendere in mano l'eredità Savatage. Pensateci: "Believe" è praticamente l'ultima traccia firmata da entrambi, col destino come "testimone fiduciario". Una cosa che mette i brividi, perché è vero che qui finisce una storia, ma inizia una leggenda.

ALESSANDRO ARIATTI





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