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WAYNE "METAL CHURCH" (2001)



Ognuno ha una propria idea sui Metal Church, me ne rendo conto. La mia è piuttosto netta e, se vogliamo, decisamente oltranzista. Si sintetizza sostanzialmente con uno slogan: "no David Wayne, no party". Non che, dopo l'abbandono del carismatico cantante, la band abbia iniziato a produrre schifezze, ci mancherebbe. Nessuno può ovviamente mettere in discussione la bontà di un "Blessing In Disguise" o di un "The Human Factor", ma personalmente mi chiedo: dov'è finita la rabbia belluina dell'omonimo esordio, immortalata dalla celebre chitarra zombie?

In quale anfratto maligno si è nascosta la maniacale attitudine di "The Dark"? Qualcuno potrebbe veramente pretendere di mettere a confronto le vocals pulite di Mike Howe (RIP) con il "cannibal holocaust" inscenato da David Wayne nelle varie "Ton Of Bricks", "Start The Fire" o "Method To Your Madness"?

Pochissimi altri gruppi, alla pari dei Metal Church, hanno legato indissolubilmente il proprio marchio distintivo alla timbrica di un cantante. Immaginare la band con un'altra voce dopo aver vissuto in tempo reale i fasti dei primi due album? Impossibile. Dopo l'abbandono post "The Dark", David forma i Reverend, prima che i fantasmi del passato bussino nuovamente alla porta, riportandolo sulla retta via della "Chiesa" per la registrazione di "Masterpiece" nel 1999. Un disco che non rispetta i canoni qualitativi ipotizzati da un titolo tanto altisonante; ormai "l'imborghesimento" ha preso il sopravvento sull'inestinguibile sete di sangue di "Metal Church" e "The Dark". La reunion infatti non funziona, così Wayne decide che "chi fa da sé fa per tre": ingaggia i chitarristi Jimi Bell (sì, proprio quello degli House Of Lords) e Craig Wells, il batterista B.J. Zampa (ancora una volta sì, proprio quello degli House Of Lords) ed il bassista Mark Franco, battezzando la neonata band semplicemente col proprio cognome, ed intitolando provocatoriamente l'album "Metal Church".

Risultato? Fottutamente buono.
La copertina è strepitosa: una sinistra cattedrale, una chitarra putrescente, un cimitero, ed una notte da tregenda. Ci sono tutti gli ingredienti che un biglietto da visita esaustivo dovrebbe comprendere per attirare i più nostalgici dei fans. Tuttavia è la musica a fare la parte del leone, perché il disco rappresenta realmente un tuffo nelle acque torbide del passato, che danno idealmente vita alle marcescenti alghe depositate sulla sei corde come un minaccioso parassita. "The Hammer Will Fall" suona come la figlia di un dio minore chiamato "Start The Fire", con le chitarre che ergono un muro su cui l'ugola di David si avventa con la crudeltà di un angelo sterminatore. In "SOOS Creek Cemetary" le ritmiche si fanno più incalzanti e leggermente più groove, pur mantenendo intatta la purezza heavy metal originale, ma è in "Hannibal" che si respira autentico profumo di "malvagità", con quel "I am becoming" leggermente "effettato" durante il refrain, foriero di nefasti presagi (di massacro piece by piece).

L'opener "The Choice" e la spedita "Burning At The Stake" sono esattamente ciò che ti aspetteresti da un'opera griffata David Wayne, che invece ci stupisce nel mid-tempo di "D.S.D", tra linee melodiche che ricordano "Heaven And Hell" (la song) nelle strofe, ed un refrain decisamente più american power oriented.
Il link col passato ricompare prepotente in "Nightmare Part II", anche se l'apertura verso soluzioni differenti non viene mai negata a prescindere, come dimostra la più articolata "Vlad". Per gli orfani di "God Of Wrath" o "Watch The Children Pray" c'e "Ballad For Marianne", che segue sostanzialmente l'andamento dei due succitati classici senza fortunatamente cadere nello stucchevole autoplagio. Infine, dopo la dinamitarda cover di "Highway Star" contenuta nell'esordio dei Metal Church, stavolta tocca a "Mississipi Queen", interpretata da Wayne con un trasporto ed un'emotività difficilmente replicabili.

Non un capolavoro assoluto, ma per coloro che ricercano la primeva furia assassina della celebre band americana, i Wayne sono uno step altamente consigliato.
L'improvvisa dipartita di David, a causa delle complicazioni sopravvenute ad un incidente stradale, precluderà la possibilità di un secondo capitolo. In ogni caso, questo "Metal Church" rimane un testamento artistico di tutto rispetto.

ALESSANDRO ARIATTI




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