"È ridicolo pensare, a 60 anni, di riuscire a cantare come quando ne avevi 20". Con questa laconica ma indiscutibile affermazione, Jon Bon Jovi battezza il documentario a lui dedicato "Thank You, Goodnight", in onda sulla piattaforma Disney+. Vederlo mentre lava i piatti nel suo ristorante di New York, dove offre pasti gratis ai meno abbienti con lo slogan "il cibo buono non può essere solo per ricchi", è un'immagine che lo ha reso ancora più "umano". Già, perché stiamo parlando di una delle più grandi rock star americane della storia, visto che la matematica non è un'opinione: e le vendite parlano chiaro, anzi chiarissimo. Pretendere, ancora oggi, un "Slippery When Wet" è ridicolo: non solo per una questione di opportunità stilistica, ma anche per una forzata credibilità travestita da falsa coerenza. Sono sincero, l'ultimo album di Jon che ho realmente apprezzato fu "The Circle", e stiamo parlando dell'ormai lontano 2009, ovvero 15 anni fa! Un importante intervento alle corde vocali ha ritardato l'uscita di "Forever", al quale non seguirà tuttavia alcun tour di supporto, proprio per permettere una ripresa clinica senza malaugurati traumi da sforzo. Motivo in più per concentrarsi esclusivamente sulla nuova collezione di canzoni. Il primo singolo "Legendary", ad esempio, è una gradevole esercitazione di pop rock 2.0, con le chitarre acustiche che assumono la medesima importanza delle elettriche, per poi sfociare in un coro di immediata assimilazione. Francamente strepitosa "Waves", una ballad dalla fisionomia western che riporta alla mente antiche emozioni: e se, a livello di impatto, risulta difficile poter gareggiare con modelli non più replicabili come "Wanted Dead Or Alive" o "Blaze Of Glory", la chitarra di Phil X che prolunga la voce di Jon sul ritornello risulta un autentico colpo da maestri. Su "Living Proof" ritroviamo la talk-box, che aveva contribuito a rendere inconfondibile "Livin' On A Prayer" nell'anno domini 1986, infatti il brano suona tipicamente Bon Jovi nella sua struttura di hard rock melodico "old style". Ancora più ficcante "Walls Of Jericho", definita probabilmente dal miglior refrain dell'album, per una traccia che non teme l'autocitazione grazie alle sue armonizzazioni fresche ed ariose. Il suono è molto asciutto, infatti risultano un pò sacrificate le tastiere del "semper fidel" David Bryan, che però mette in calce la sua firma col pianoforte battente di "The People's House"; così come nel delicato arrangiamento di "We Made It Look Easy", debitrice di "Born To Run" di Springsteen, da sempre uno degli "idoli" di Jon. Se "Seeds" recupera una vena più pomposa, che si concretizza in un impatto quasi "orchestrale", "My First Guitar" è una toccante ballad dove il "paladino" del popolare New Yersey dichiara il proprio amore per il primo strumento musicale, dal quale tutto è iniziato. "Forever" non aggiunge né toglie nulla alle risapute tendenze degli ultimi Bon Jovi, è vero: ma sulla sua scorrevole piacevolezza c'è ben poco da discutere.
ALESSANDRO ARIATTI
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