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EXCITER "HEAVY METAL MANIAC" (1983)



Il 1983 è un anno decisivo per le sorti del metal estremo e quelle diramazioni varie che prenderanno vita successivamente, evolvendosi prepotentemente fino ai giorni nostri. E non solo perché escono "
Kill Em All" dei Metallica e "Show No Mercy" degli Slayer. Anzi, esattamente un mese prima dei Four Horsemen, e ben sei rispetto a Tom Araya e soci, esce un disco che, al pari degli altri due, avrà un impatto decisivo sulla scena. Non è popolare dire che "Heavy Metal Maniac" degli Exciter rappresenta a tutti gli effetti il primo album speed metal?

Poco importa, la cronologia parla chiaro.

 Siamo ad inizio Eighties, ed un trio inquietante con la passione per la musica dura, proveniente prevalentemente dalla nuova ondata inglese del periodo, decide di unire le proprie forze sotto il nome di Hell Razor. La location di riferimento non è però la "risaputa" America, ma il confinante Canada che, sempre in quegli anni, vede l'avvento degli Anvil. Non che Hell Razor sia un "banner" da educande, ma Dan Beehler (batteria e voce), Allan Johnson (basso) e John Ricci (chitarra) decidono di trasformarlo in un più efficace e memorizzabile Exciter, sicuramente in onore al pezzo capolavoro firmato Judas Priest sull'irrinunciabile "Stained Class". I pezzi del trio, incisi sul classico demo d'ordinanza, attirano l'attenzione di diverse case discografiche, ma è il solo Mike Varney della Shrapnel a puntare un bel gruzzolo di fiches su di loro.

Probabilmente molti rimangono "spaventati" dall'approccio estremo del gruppo, e non se la sentono di immettere sul mercato un prodotto così "minaccioso". Peggio per loro. Dimostrando un fiuto da vero cavallo di razza, il succitato Varney esorta anzi gli Exciter a proseguire sulla loro strada, tanto da confezionare il demo, inizialmente intitolato "WWIII Heroes", in formato 33 giri.

Il risultato è appunto "Heavy Metal Maniac", un disco la cui importanza storica appare tuttora inversamente proporzionale alla relativamente scarsa considerazione generale di cui gode. Si può invece tranquillamente affermare che, senza l'operato pionieristico di Dan Beehler e soci, molti nomi eccellenti (uno su tutti, i Running Wild dei primi due fantastici lavori) difficilmente avrebbero trovato terreno fertile su cui seminare. L'album si apre sul crepitare del vento dell'intro "The Holocaust", ma il mood cupo e darkeggiante dura solamente fino a quando non irrompe "Stand Up And Fight". Il riff è selvaggio, la ritmica violenta e pulsante, il cantato di Beehler furente: il risultato è un uragano di elettricità che viene letteralmente vomitato in faccia agli ascoltatori dagli speaker dello stereo. Non si era mai sentito nulla di così estremo fino ad allora, anche se oggi qualche sprovveduto potrebbe apostrofarlo come un suono datato. Normale: chi è nato mangiando merda, difficilmente può riconoscere il sapore della cioccolata.

La title-track è uno degli speed metal anthem più "bestiali" nella storia del genere, con la sua deragliante carica che non può essere ingabbiata da nessuna diavoleria moderna: analogica nasce, digitale morirebbe. E questo è un dato oggettivo, anche nell'epoca del relativismo ebete da social. "Iron Dogs" rallenta un attimo le dinamiche, ma non certo l'intensità: d'altra parte l'influenza della NWOBHM si fa sentire in ogni angolo del pianeta, propagandosi come un meraviglioso virus creativo, quindi non ci si stupisce di sentire riferimenti più o meno velati ai cult heroes Witchfinder General. L'iniziale incedere greve di "Mistress Of Evil" non deve ingannare, perché poi il brano si sviluppa su una dinamica sostenuta, anticipando il devastante tsunami di una "Under Attack" (opener del lato B) letteralmente irrefrenabile nella sua sfrontata voglia di spingere il metal sempre più in là.
A conferma di questo proposito, arriva "Rising Of The Dead" che, con i suoi ripetuti cambi di tempo, sarà destinata a fare scuola nella nascita del thrash; ma anche una "Black Witch" che risulterà anticipatrice delle famose ballad firmate Metallica, quelle con incipit pacato e finale da cardiopalma.

La chiusura viene infine affidata a "Cry Of The Banshee", e non si potrebbe davvero scegliere commiato migliore per esaltare le doti da innovatori di Beehler, Ricci e Johnson, impegnati in un formidabile tour de force che non può non lasciare il segno.
Già, perché "Heavy Metal Maniac" ridisegna le mappe esattamente come "Kill Em All". Nè più, nè meno.


ALESSANDRO ARIATTI




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