Il proseguimento della "Warlord legacy", nonostante la scomparsa del leader e fondatore William J. Tsamis, ha provocato non poche polemiche. Anche legittime, per carità: chi segue il mondo del metal dagli anni 80 è perfettamente consapevole dell'aura, ai limiti del fanatismo da "setta" (cristiana, in questo caso), che circonda da sempre la band. Se però usciamo dal contesto "elitario" della situazione in oggetto, va detto che i Deep Purple proseguono senza Ritchie Blackmore esattamente da 30 anni: quindi, fatte le debite proporzioni, non credo che ci si debba scandalizzare più di tanto. Tra le altre considerazioni, non certo irrilevanti, bisogna sottolineare come gran parte del materiale presente in "Free Spirit Soar" porti ancora la forma di Tsamis, determinato a dare un seguito a quel gioiellino di nome "Holy Empire". A partire dall'iniziale "Behold A Pale Horse" e la conclusiva "Revelation XIX", già presentate con il progetto Lordian Guard negli anni 90. I due brani conservano la carica mistico-epica delle versioni originali, ma beneficiano ovviamente di un suono più consono alla loro maestosità, a suo tempo soffocata da un'artigianalità che non può più avere diritto di cittadinanza nel metal. Il nuovo arrivato al microfono, Giles Lavery, dimostra di saper maneggiare la delicata materia e, seppur non dotato di grande estensione, riesce a modellare i pezzi a seconda delle loro caratteristiche. A Eric Juris il compito di ricoprire il ruolo del "maestro" scomparso, e devo dire che la lezione è stata imparata fin nei minimi dettagli. Evidentemente Mark Zonder, unico superstite di "quei" Warlord, deve aver individuato dei "surrogati" particolarmente devoti, oppure ha saputo catechizzarli alla perfezione per l'importante occasione. Vedi il tastierista Jimmy Waldo (ex New England ed Alcatraz), che doppia praticamente ogni riff di Juris, accompagnandone spesso le melodie durante gli assoli: una scelta artistica che eleva il tasso di pomposità a quote importanti, sicuramente maggiori rispetto a "Holy Empire". Molto bella "The Watchmen", col suo piglio hard rock regale, ma anche "The Rider", una sorta di "Lost And Lonely Days" in versione 2.0. A proposito di magniloquenza, "Alarm" e "Twin" impongono l'impasto guitar/keyboards di Juris/Waldo a modello di riferimento generale, mentre il primo singolo "Conquerors" e la title-track martellano su un power metal più attuale, almeno a livello di scelte armoniche. "Worms Of The Earth" è l'altra traccia presentata in anteprima, un brano dal taglio più dark/doom, con l'oscurità che avvolge "mother Gaia" nel suo mortifero abbraccio: ma per i "vermi della Terra" non vi sarà scampo, ed il giorno del "reckoning" (resa dei conti) ne sancirà la definitiva sconfitta. Questo è sempre stato il "credo" del leader, perpetrarlo da parte di superstiti (Mark Zonder) e rispettivi eredi (Lavery, Juris, Waldo, Bynoe) diventa un dovere. "The Bell Tolls", col suo mid tempo calibrato tra aggressività e sontuosi arrangiamenti, sentenzia come i Warlord "not featuring Tsamis" abbiano pieno diritto di esistere. Se sia l'ultima volta che sentiremo rimbombare i "cannoni della distruzione", non è dato sapere. Così fosse, il fiero riverbero di "Free Spirit Soar" sarebbe un degno epilogo per mettere la parola fine ad un'epopea più unica che rara.
ALESSANDRO ARIATTI
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