Passa ai contenuti principali

WARLORD "FREE SPIRIT SOAR" (2024)



Il proseguimento della "Warlord legacy", nonostante la scomparsa del leader e fondatore William J. Tsamis, ha provocato non poche polemiche. Anche legittime, per carità: chi segue il mondo del metal dagli anni 80 è perfettamente consapevole dell'aura, ai limiti del fanatismo da "setta" (cristiana, in questo caso), che circonda da sempre la band. Se però usciamo dal contesto "elitario" della situazione in oggetto, va detto che i Deep Purple proseguono senza Ritchie Blackmore esattamente da 30 anni: quindi, fatte le debite proporzioni, non credo che ci si debba scandalizzare più di tanto. Tra le altre considerazioni, non certo irrilevanti, bisogna sottolineare come gran parte del materiale presente in "Free Spirit Soar" porti ancora la forma di Tsamis, determinato a dare un seguito a quel gioiellino di nome "Holy Empire". A partire dall'iniziale "Behold A Pale Horse" e la conclusiva "Revelation XIX", già presentate con il progetto Lordian Guard negli anni 90. I due brani conservano la carica mistico-epica delle versioni originali, ma beneficiano ovviamente di un suono più consono alla loro maestosità, a suo tempo soffocata da un'artigianalità che non può più avere diritto di cittadinanza nel metal. Il nuovo arrivato al microfono, Giles Lavery, dimostra di saper maneggiare la delicata materia e, seppur non dotato di grande estensione, riesce a modellare i pezzi a seconda delle loro caratteristiche. A Eric Juris il compito di ricoprire il ruolo del "maestro" scomparso, e devo dire che la lezione è stata imparata fin nei minimi dettagli. Evidentemente Mark Zonder, unico superstite di "quei" Warlord, deve aver individuato dei "surrogati" particolarmente devoti, oppure ha saputo catechizzarli alla perfezione per l'importante occasione. Vedi il tastierista Jimmy Waldo (ex New England ed Alcatraz), che doppia praticamente ogni riff di Juris, accompagnandone spesso le melodie durante gli assoli: una scelta artistica che eleva il tasso di pomposità a quote importanti, sicuramente maggiori rispetto a "Holy Empire". Molto bella "The Watchmen", col suo piglio hard rock regale, ma anche "The Rider", una sorta di "Lost And Lonely Days" in versione 2.0. A proposito di magniloquenza, "Alarm" e "Twin" impongono l'impasto guitar/keyboards di Juris/Waldo a modello di riferimento generale, mentre il primo singolo "Conquerors" e la title-track martellano su un power metal più attuale, almeno a livello di scelte armoniche. "Worms Of The Earth" è l'altra traccia presentata in anteprima, un brano dal taglio più dark/doom, con l'oscurità che avvolge "mother Gaia" nel suo mortifero abbraccio: ma per i "vermi della Terra" non vi sarà scampo, ed il giorno del "reckoning" (resa dei conti) ne sancirà la definitiva sconfitta. Questo è sempre stato il "credo" del leader, perpetrarlo da parte di superstiti (Mark Zonder) e rispettivi eredi (Lavery, Juris, Waldo, Bynoe) diventa un dovere. "The Bell Tolls", col suo mid tempo calibrato tra aggressività e sontuosi arrangiamenti, sentenzia come i Warlord "not featuring Tsamis" abbiano pieno diritto di esistere. Se sia l'ultima volta che sentiremo rimbombare i "cannoni della distruzione", non è dato sapere. Così fosse, il fiero riverbero di "Free Spirit Soar" sarebbe un degno epilogo per mettere la parola fine ad un'epopea più unica che rara.


ALESSANDRO ARIATTI 





Commenti

Post popolari in questo blog

KEITH BOYCE (HEAVY METAL KIDS) & GRAZIA ZULIANI: SIAMO LA COPPIA PIÙ ROCK DEL MONDO!

KEITH BOYCE: THE FLAME STILL BURNS!   Disse Keith Richards dei Rolling Stones, non propriamente un tizio qualsiasi: "Gli anni 70? Non ricordo molto, ma so che ascoltavo a ripetizione quel gran gruppo degli Heavy Metal Kids!". Come referenza, niente male, che dite? Keith Boyce, professione batterista di quella band tanto amata dall'alter ego di Mick Jagger, una vita (oltre 50 anni!) dedicata al rock'n'roll, ha gentilmente accettato di essere "torchiato" per bene dalle domande di Deja-Vu, e quindi dalla curiosità del sottoscritto. Anche perché il "nostro" Keith è stato sedotto senza pietà dal fascino della "donna italiana", nella persona di Grazia Zuliani. I più "anziani" ricorderanno le sue chilometriche gambe fasciate da una vertiginosa minigonna sulla copertina di "Game Over", best seller dell'orgoglio nazionale Vanadium. Ma ricorderanno altrettanto bene gli straordinari album degli Heavy Metal Kids, un manipo

HOLLER: WHAT DOESN'T KILL YOU MAKES YOU STRONGER!

Dopo la frastornante notizia della separazione dagli Eldritch, non so quanti avrebbero scommesso sulla prosecuzione della carriera artistica di Terence Holler. Assai arduo accettare a cuor leggero un cambiamento di prospettive tanto traumatico senza prevedibili conseguenze, anche personali. Non molti avrebbero avuto la forza di rialzarsi, mettersi tutto alle spalle e ripartire da zero. Oddio, forse da zero non è corretto, vista la meritata fama che il cantante italo-americano si è costruito nel corso di ben tre decenni abbondanti. "Reborn" ridefinisce gerarchie e priorità nello stile musicale di Terence, puntando le sue "fiches" sulla roulette di un melodic rock/AOR tanto ispirato quanto ficcante: ed è veramente un piacere avere l'occasione di farsi raccontare la genesi di un album, nato sotto circostanze decisamente particolari, dalla voce del suo stesso protagonista.  Ciao Terence, intanto grazie per aver accettato l'invito per questa intervista. Il nuovo

MONSTERS OF ROCK 1987: 26/8/1987, Reggio Emilia, Arena Del Chionso

"Io sono Dio" intitola il numero 5/6 di Metal Shock del 1987, che copre rispettivamente i mesi di agosto/settembre. La nascita di un magazine con firme così importanti, sia sul fronte nazionale che dall'estero, è una "sliding door" fondamentale per l'affermazione definitiva dell'hard'n'heavy anche nel nostro Paese. Con mani sudaticcie ed entusiasmo alle stelle, mi appresto a sfogliare il giornale, "zompando" immediatamente all'intervista rilasciata da Ronnie James Dio, che presenta per l'occasione il suo nuovo lavoro da studio "Dream Evil". Rimango tuttavia abbastanza deluso dal pezzo, quasi sia messo lì semplicemente come corollario per promuovere un evento destinato a diventare storico: il primo Monsters Of Rock tricolore, sulla falsariga del grande happening estivo di Donington, del quale noi poveri metallari italiani abbiamo sentito solamente fantasticare. Per fortuna, poco prima dei due concerti (25 agosto Palatru