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AIRRACE "SHAFT OF LIGHT" (1984)



La domanda che sorge spontanea ed immediata, a distanza di tanti anni (quasi 40), è molto semplice: cosa andò storto agli Airrace per non farli sfondare al pari dei Def Leppard? Difficile trovare una risposta plausibile, francamente, perché la band inglese ha tutto, ma proprio tutto, per impostare una carriera da big.

Un management extra lusso come "padrino" (Peter Grant dei Led Zeppelin), un produttore di grido (Beau Hill, noto per il suo lavoro su "Out Of The Cellar" dei Ratt nello stesso anno), una casa discografica potente (Atco, sussidiaria della Atlantic), e soprattutto una decina di canzoni straordinarie per il settore di competenza.

Stiamo parlando di melodic hard rock/AOR, ovviamente, un genere che sta spopolando negli States con quantità e tanta qualità. L'ingresso di un giovanissimo Jason Bonham, inserito nel quintetto dal succitato Grant, porta ulteriore lustro e prestigio, grazie ad un cognome che non può che rievocare gloria.

La band si forma a Londra, e forse pochi sanno che il cantante originario risponde all'identità di Phil Lewis, già protagonista con i Girl assieme a Phil Collen dei Def Leppard ("Sheer Greed" classico minore, ma nemmeno tanto, della NWOBHM), nonché futura icona street metal con gli alter-ego dei Guns'n'Roses, al secolo gli L.A.Guns. Tuttavia la voce di Lewis viene ritenuta, probabilmente non a torto, troppo selvaggia ed urticante per la direzione stilistica degli Airrace, così il suo posto viene preso da Keith Murrell.

I meno distratti ricorderanno quest'ultimo protagonista di alcuni famosi hit assieme ai Mama's Boys dei fratelli irlandesi McManus, in particolare il 33 giri "Growing Up The Hard Way" (1987). Completati dal bassista Jim Reid, dal tastierista Toby Sadler e dal chitarrista Laurie Mansworth, gli Airrace pubblicano il loro album d'esordio nel 1984, intitolandolo "Shaft Of Light".

Un lavoro che non sembra affatto un'opera prima, tali sono la perizia e la dimestichezza con cui il quintetto tratta la materia, peraltro niente affatto semplice per una realtà inglese.

Già, perché di "english" non resta molto nelle tracce che vanno a definire l'album, e lo si capisce subito dall'opener "I Don't Care", magistralmente in bilico tra il synth riff di Sadler e la ritmica imposta da Bonham, con un Murrell che vola nella stratosfera AOR come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. "Brief Encounter" è un altro episodio a cinque stelle per il melodic rock di quegli anni, grazie ad un refrain "ad incastro" che non può non ricordare da vicino i migliori Survivor. Anche quando gli Airrace si cimentano in tematiche più vicine all'hard'n'heavy tradizionale come in "Promise To Call", l'attenzione e la cura rivolte nei riguardi delle hooklines prendono comunque il sopravvento.

Chitarra e tastiere preparano l'humus creativo per un altro colpo da maestri come "First One Over The Line", dove Murrell può sbizzarrirsi nell'intonare un ulteriore grande refrain. In effetti la sua voce squillante, ma sempre perfettamente dosata e calibrata, appare una costante nella funzionalità di un disco, che eleva al primo posto delle priorità l'efficienza armonica. Come nella cristallina espressività di "All I'm Asking", oppure nella fantasiosa regolarità di "Caught In The Game". L'incredibile insuccesso di "Shaft Of Light" costringe gli Airrace al "disbanding" ed al fuggi fuggi generale.

Murrell, come detto precedentemente, incontrerà maggiore fortuna nei Mama's Boys, ed il loro singolo "Waiting For A Miracle" si imporrà con forza nella top 10 delle classifiche statunitensi. Inoltre, esauritosi il momento di gloria a fianco dei fratelli McManus, Keith avrà un futuro di richiesto session vocalist presso molte pop star, tra cui Cher e George Harrison. Bonham, dal canto suo, sfrutterà molto bene il suo status di figlio d'arte, e dopo un'esperienza artisticamente similare a quella degli Airrace presso i Virginia Wolf, verrà reclutato da Foreigner, UFO e Black Country Communion.

Al di là delle rispettive carriere, meritatamente sbocciate negli anni successivi, quello che preme rimarcare in questa sede è l'eccellenza sciorinata tra le tracce di "Shaft Of Light". Riscopritene la bellezza, ed immergetevi anima e cuore in un'epoca irripetibile.


ALESSANDRO ARIATTI 



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