Il destino è stato sicuramente magnanimo con Floor Jansen, a livello prettamente artistico. L'abbandono (o licenziamento) di Annette Olzon dai Nightwish le ha spalancato le porte per l'ingresso in pompa magna nella più grande e famosa band di metal sinfonico a livello mondiale. Purtroppo, a differenza di live show sempre spettacolari, dove la cantante olandese ha dimostrato di essere perfettamente in grado di gestire le parti liriche di Tarja e le melodie pop di Annette in egual misura, aggiungendo pure qualche "cavallo" di potenza, in studio le cose non sempre hanno funzionato. "Endless Forms Most Beautiful" non era male, anche se soffriva di una overproduzione che ne sminuiva l'impatto; riguardo a "Human II: Nature", era invece proprio la fase compositiva a mostrare clamorosamente la corda. Vedremo se l'imminente nuovo lavoro saprà risollevare le sorti di quella che sembra essere diventata sempre di più la creatura di Tuomas Holopainen e delle sue visioni da delirio di onnipotenza. Nel frattempo, se Floor può considerarsi baciata dalla fortuna professionalmente parlando, una seria malattia l'ha messa a dura prova appena dopo la prima gravidanza. È in questo periodo, a cui si aggiunse anche il jolly del lockdown, che prende vita "Paragon", a tutti gli effetti la sua prima prova solista.
L'album non ricorda nemmeno lontanamente le esperienze della Jansen nel mondo metal, che si tratti dei mainstream Nightwish o dei ben più "cult" Re-Vamp. Stiamo infatti parlando di un disco intimo, che parte dal piccolo vissuto personale e lo eleva a guida di vita. L'esatto opposto della prosopopea creazionista di Holopainen, che inizia francamente a rasentare il kitsch. Il video di "My Paragon", dove le Floor adulta e bambina si incontrano e confrontano, è la sintesi di quanto espresso finora.
Siamo in pieno trip pop rock moderno, con gli strumenti che si accavallano in modo quasi orchestrale, senza lasciar prevalere solismi o "sofismi" di altre epoche. "Hope", ad esempio, è una ballad semplice semplice, con la voce della Jansen a creare melodia e refrain quasi senza alcun supporto strumentale. Ho sempre considerato Floor la nuova Ann Wilson, per caratteristiche tecniche e profondità espressiva: chissà cosa darei per sentirla cantare su qualcosa che possa assomigliare ad un "Heart" o un "Bad Animals". Invece dobbiamo accontentarci di una "Storm" o di una "Fire", nelle quali le prerogative vocali dell'olandesona "volante" prevalgono su tutto. Non possiamo affatto lamentarci, perché quando il talento è così debordante, non esiste risacca che possa trattenerlo.
ALESSANDRO ARIATTI
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