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RECKLESS "RECKLESS" (1980)



Se pensate che il fenomeno delle "power vocalists" sia un recente e lussuoso "orpello" del mondo hard'n'heavy, generato dall'avvento di straordinarie ugole come quelle delle varie Tarja Turunen, Floor Jansen, Alissa White-Gluz e compagnia cantante, vi sbagliate di grosso.

Il postulato può essere agevolmente smentito a partire dalle Heart della fenomenale Ann Wilson, una che ha saputo destreggiarsi magistralmente prima nella materia Zeppeliniana di inizio carriera, per poi camminare a testa altissima nel "red carpet" dell'Aor patinato, con i loro album spaccaclassifiche degli anni 80 ("Heart", "Bad Animals" e "Brigade").

Sono poi da ricordare indubbiamente altre celeberrime icone del metal in "quota rosa": penso infatti che tutti conoscano l'operato di Lee Aaron, Doro Pesch, Lita Ford, Joan Jett ecc. Non parliamo poi del "sottobosco", di cui fanno parte anche i canadesi di cui sto per parlarvi: mi riferisco ai Reckless, quartetto che nasce nei pressi di Toronto attorno al 1979. Il chitarrista Steve Madden ingaggia la propria fidanzata Jan Melanson dietro il microfono, puntando le fiches su una casella della roulette che ancora non è dato sapere quanto si sarebbe rivelata vincente. Completano il quadro il bassista Gene Stout ed il batterista Gil Roberts. Dicevo della Melanson: trattasi della sua primissima esperienza come cantante, dopo aver maturato competenze come...cameriera di pub!

Chi osa, vince: questo è quello che sostiene un motto assai famoso e popolare, che mai come in questo caso si conferma azzeccato. La musica dei Reckless è un heavy rock dai connotati certamente melodici, eppure ancora privo di qualsiasi trattamento "patinato" che sarebbe diventato un must obbligatorio di lì a poco. Addirittura c'è chi, all'epoca, scrive sentenze a dir poco sensazionali. Una di queste, ad opera del decano Malcom Dome, dice testualmente: "i Reckless farebbero apparire Ted Nugent una sorta di sussurro di litanie cinesi, mentre i Van Halen come i cugini più pesanti dei Bee Gees".

Esagerazioni? Col senno di poi sicuramente, eppure c'è qualcosa di ben poco confutabile nelle parole altisonanti di mister Dome. "Reckless" suona pesante, pesantissimo nei contenuti, almeno se viene contestualizzato al periodo di riferimento. Ed il merito di una simile colata di adrenalina rock deve essere diviso fifty-fifty, tra la chitarra selvaggia di Madden e le vocals a briglia sciolta di una Melanson che si mantiene distante da qualsiasi tentativo di addomesticamento. Siamo ancora "caught in between" tra le due decadi, quindi non deve stupire che il sound di canzoni come "Victim Of Time", "Givin' It All Away", "Ready For Action" o "Heartache Rock And Roll" abbiano un potenziale radiofonico "loro malgrado". Non si registrano infatti compromessi di alcun tipo: "Too Much To Bear", l'omonima "Reckless", la stessa "Child Of The Night" sono sostanzialmente figlie di Montrose e di primi Y&T, ovvero hard rock allo stato brado, portato al successo solamente in virtù della bontà del songwriting, senza dover mai dipendere dai ritocchi dei vari guru della produzione, al riparo di una consolle. Vitalità, energia, intensità, ed un tocco che, col senno di poi, potrebbe essere considerato un pò troppo naive: "Reckless" rappresenta tutto questo ed anche di più.

La bandiera di un certo tipo di heavy rock che, per vari motivi che non vado ad elencare (causa ragioni di spazio ed opportunità), non potrà mai più essere replicato nell'era della spersonalizzazione digitale. Recuperare questo "Reckless", per lasciarsi piacevolmente travolgere, sarà la cosa più naturale di questo fottuto mondo.


ALESSANDRO ARIATTI




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