Passa ai contenuti principali

THE LAW "THE LAW" (1991)



I The Law sono probabilmente il progetto meno conosciuto di Paul Rodgers? Forse si.

I The Law sono anche il suo contesto artistico meno rappresentativo?

Manco per niente.

È il 1991, e probabilmente in Atlantic Records non sembrano ancora consapevoli (o forse si, chi lo sa?) dello tsunami che di lì a poco avrebbe travolto il mondo dell'hard rock, lasciandosi dietro per diversi anni soltanto polvere e macerie.

Per volere della stessa major, prende infatti vita un supergruppo denominato The Law, che vede in formazione, come titolari del marchio, Paul Rodgers (ex voce di Bad Company e Free) e Kenney Jones (già batterista di Small Faces e The Who).

Nulla da spartire, almeno a livello stilistico, col loro ingombrante passato seventies, perché "The Law" vede per la prima volta il grande frontman inglese misurarsi su strutture compositive squisitamente AOR oriented.

D'altra parte, dopo il fallimento sia artistico che commerciale coi The Firm assieme a Jimmy Page (Led Zeppelin), è comprensibile che Paul si arroghi il diritto di tornare a quote di notorietà degne della sua straordinaria ugola. Parlo più di Rodgers che di Jones perché, tutto sommato, a brillare tra le note dell'album è soprattutto lui: il drumming risulta infatti piuttosto ordinario, e francamente la bilancia qualitativa pende brutalmente dalla parte dell'ex frontman dei Bad Company.

L'opener "For A Little Ride", già portata al successo da Benny Mardones nello straordinario ed omonimo album del 1989 (ma guarda un pò), apre le ostilità nel segno di un melodic rock/AOR a cui viene aggiunta una leggera dose di blues sulla scia dei Tangier di "Four Winds". D'altra parte, Rodgers riuscirebbe a far respirare aria di Mississipi anche se si cimentasse nella Turandot. La suddetta cifra blues, applicata ad un contesto di puro AOR, viene ripetuta in altre canzoni clamorose come "Stone Cold" ed il singolo "Laying Down The Law", nel quale Paul si siede peraltro al pianoforte come ai tempi di "Bad Company" (la song, of course).

Punto di ispirazione per moltissimi grandi cantanti del mondo rock ed hard rock, Rodgers rimane un "esemplare" assolutamente non replicabile, per quelle sue tonalità all'incrocio tra sofferenza blues ed immane potenza polmonare, che ne fanno un "unicum" ancora oggi. Ovviamente non dimentico la versione di "Miss You In A Heartbeat" scritta da Phil Collen, ovvero la più bella ballad scritta da un membro dei Def Leppard post-"Hysteria": la versione qui presente, peraltro uscita prima di quella contenuta su "Retroactive", resta un diamante dalla luminosità abbacinante.

Non bastasse il pedigree dei due attori protagonisti, nell'anthem "Nature Of The Beast" (scritta da Jim Vallance) si erge ad ospite d'onore Bryan Adams, mentre in "Stone" sono addirittura Chris Rea e David Gilmour dei Pink Floyd a sciorinare le proprie rispettive e prestigiose sei corde. Se "Anything For You" e "Best Of My Love" camminano ancora su sentieri AOR di morbido velluto, "Tough Love" vede Rodgers rituffarsi in ambito Bad Company post 1986, quasi a gettare un guanto di sfida nei riguardi del suo sostituto Brian Howe. Col quale l'ex gruppo di Paul si prodiga, nel corso degli anni, in episodi ad elevata capacità di divulgazione commerciale.

Come "Fame And Fortune", "Dangerous Age" e "Holy Water": fino allo strepitoso "canto del cigno" intitolato "Here Comes Trouble" e datato settembre 1992.

Ritornando al discorso di partenza, "The Law" non ottiene affatto il successo sperato, accontentandosi di una misera 126esima posizione nelle classifiche di Billboard. A dire il vero, Rodgers e Jones registrano alcune outtakes che dovrebbero far parte del secondo capitolo del progetto, ma sono proprio le scarse vendite dell'esordio a porre un veto nei confronti di una sua eventuale pubblicazione.

Peccato, perché questo Paul Rodgers in versione "AOR God" è ancora oggi una goduria sfrenata.


ALESSANDRO ARIATTI 





Commenti

Post popolari in questo blog

KEITH BOYCE (HEAVY METAL KIDS) & GRAZIA ZULIANI: SIAMO LA COPPIA PIÙ ROCK DEL MONDO!

KEITH BOYCE: THE FLAME STILL BURNS!   Disse Keith Richards dei Rolling Stones, non propriamente un tizio qualsiasi: "Gli anni 70? Non ricordo molto, ma so che ascoltavo a ripetizione quel gran gruppo degli Heavy Metal Kids!". Come referenza, niente male, che dite? Keith Boyce, professione batterista di quella band tanto amata dall'alter ego di Mick Jagger, una vita (oltre 50 anni!) dedicata al rock'n'roll, ha gentilmente accettato di essere "torchiato" per bene dalle domande di Deja-Vu, e quindi dalla curiosità del sottoscritto. Anche perché il "nostro" Keith è stato sedotto senza pietà dal fascino della "donna italiana", nella persona di Grazia Zuliani. I più "anziani" ricorderanno le sue chilometriche gambe fasciate da una vertiginosa minigonna sulla copertina di "Game Over", best seller dell'orgoglio nazionale Vanadium. Ma ricorderanno altrettanto bene gli straordinari album degli Heavy Metal Kids, un manipo

HOLLER: WHAT DOESN'T KILL YOU MAKES YOU STRONGER!

Dopo la frastornante notizia della separazione dagli Eldritch, non so quanti avrebbero scommesso sulla prosecuzione della carriera artistica di Terence Holler. Assai arduo accettare a cuor leggero un cambiamento di prospettive tanto traumatico senza prevedibili conseguenze, anche personali. Non molti avrebbero avuto la forza di rialzarsi, mettersi tutto alle spalle e ripartire da zero. Oddio, forse da zero non è corretto, vista la meritata fama che il cantante italo-americano si è costruito nel corso di ben tre decenni abbondanti. "Reborn" ridefinisce gerarchie e priorità nello stile musicale di Terence, puntando le sue "fiches" sulla roulette di un melodic rock/AOR tanto ispirato quanto ficcante: ed è veramente un piacere avere l'occasione di farsi raccontare la genesi di un album, nato sotto circostanze decisamente particolari, dalla voce del suo stesso protagonista.  Ciao Terence, intanto grazie per aver accettato l'invito per questa intervista. Il nuovo

MONSTERS OF ROCK 1987: 26/8/1987, Reggio Emilia, Arena Del Chionso

"Io sono Dio" intitola il numero 5/6 di Metal Shock del 1987, che copre rispettivamente i mesi di agosto/settembre. La nascita di un magazine con firme così importanti, sia sul fronte nazionale che dall'estero, è una "sliding door" fondamentale per l'affermazione definitiva dell'hard'n'heavy anche nel nostro Paese. Con mani sudaticcie ed entusiasmo alle stelle, mi appresto a sfogliare il giornale, "zompando" immediatamente all'intervista rilasciata da Ronnie James Dio, che presenta per l'occasione il suo nuovo lavoro da studio "Dream Evil". Rimango tuttavia abbastanza deluso dal pezzo, quasi sia messo lì semplicemente come corollario per promuovere un evento destinato a diventare storico: il primo Monsters Of Rock tricolore, sulla falsariga del grande happening estivo di Donington, del quale noi poveri metallari italiani abbiamo sentito solamente fantasticare. Per fortuna, poco prima dei due concerti (25 agosto Palatru