Se è vero che la storia insegna, risulta sicuramente corretto un dato di fatto: molte band hanno tentato il "salto della quaglia", passando da sonorità heavvy metal a tentazioni stoner. Viceversa è invece una cosa rarissima, anzi praticamente inesistente. Ad eccezione di un gruppo: gli svedesi Grand Magus. Con "Sunraven", il terzetto condotto dal cantante/chitarrista JB inscena una "summa" della propria carriera, perché se è vero che non mancano le cadenze epic, appare altrettanto lampante la volontà di chiudere un cerchio: andando a recuperare riff sulfurei e tetragoni del primo periodo. "Hour Of The Wolf" recupera e rielabora il riff di "Electric Eye", ad esempio, ma è in brani come "Grendel" oppure la stessa title-track che l'ibrido "epic stoner" diventa un piacevole mood operativo. Prendete l'affermazione con le pinze e con le dovute (enormi) differenze di importanza fra le due band: è un pò come se i Black Sabbath di Ozzy Osbourne e di Ronnie Dio cercassero di trovare un compromesso stilistico. Amando alla follia entrambe le situazioni, l'esperimento riscuote sicuramente il mio più ampio consenso, ma non è detto che lo stesso sentimento valga per tutti. Le due anime convivono magnificamente nella conclusiva "The End Belongs To You", un cadenzato che sintetizza le rispettive tendenze con il corretto pathos espressivo. Bello ed efficace il singolo "Skybound", perfetto per presentare l'album nella sua visuale più consona, mentre "Winter Storms" suona probabilmente come il pezzo più classic metal oriented dell'intera collezione: ed è veramente un piccolo gioiello di ispirazione old-school. Quello che non riuscirono ad ottenere i Candlemass del periodo "Dactylis Glomerata", nei Grand Magus di "Sunraven" fluisce pertanto con estrema naturalezza, coniugando potenti vibes 70's ad accattivante maestria hard'n'heavy ottantiana. Oggi come oggi, tanto mi basta. Ed avanza.
ALESSANDRO ARIATTI
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