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GHOST "SKELETÀ" (2025)


La decadenza della musica hard'n'heavy non sta solo nei suoi autori, ma anche nella schiera dei rispettivi "followers" (dicono quelli bravi). Cerco di esplicare brevemente il mio personale pensiero: anche negli anni '80, quando la contabilità dei dischi partiva da un paio di milioni in su, succedeva che il "metallozzo" medio bestemmiasse gli dei al successo dei vari Bon Jovi e Europe. Non considerando il fatto che il consenso commerciale dei suddetti artefici consentisse al genere di trasformarsi in rivoluzione culturale. Faceva così schifo che molta gente si avvicinasse a determinate sonorità grazie ad uno "Slippery When Wet" o un "The Final Countdown"? Era meglio continuare ad esibirsi nei pub per pochi adepti allo scopo di preservare la purezza della sacra fiamma? Oppure certi ragionamenti sembrano più roba da setta fanatica che da persone di buon senso? Ad ognuno la propria opinione, la mia si legge ovviamente tra le righe. Il pippone è funzionale all'introduzione del nuovo album dei Ghost, diventati nel frattempo i nuovi "rinnegati" dai sedicenti custodi del Verbo HM. Finti, studiati a tavolino, pacchiani  eccettera eccetera: ok, abbiamo capito. Così come abbiamo capito che, sepolti da montagne di immondizia sonica, la nuova generazione "illuminata" non riesce ad individuare il talento compositivo nemmeno se gli morde le chiappe. E spesso confonde le (s)chiappe per fenomeni. Non so se Tobias Forge faccia o meno parte di certe élite mondiali, fatto sta che i suoi ultimi tre album ("Prequelle", "Impera" e questo nuovo "Skeletà") hanno anticipato eventi mondiali capaci di ridisegnare l'attualità con forza dirompente. Che sia anche questa "connessione", naturale o indotta, a determinare il loro crescente interesse presso il grande pubblico? Possiamo solo ipotizzarlo. Ciò che invece sta sotto gli occhi di tutti i "capaci di intendere e di volere" è l'incredibile predisposizione della band capitanata dal cantante svedese verso la forma hit-single tipica degli Eighties. È esagerato parlare di un mix tra Black Sabbath (magari non quelli dell'era Ozzy) e Toto? Ovvero tra doom ed AOR? Non se si ascoltano costruzioni di perfette armonie come "Peacefield" e "Lachryma" (quei pop synth!). E nemmeno passando per l'eccellente "Cenotaph", accompagnata dalle imponenti "Marks Of The Evil One", "Missilia Amori" ed "Umbra". Il primo assaggio del disco, "Satanized", è invece un'irresistibile "danse macabre" divenuta negli anni un marchio di fabbrica dell'oscuro Papato presieduto da Emeritus. Avete presente "Secular Haze" da "Infestissumam"? Più o meno ci ritroviamo da quelle parti. Sono passati ben tre lustri dall'esordio targato Rise Above (etichetta di Lee Dorian dei Cathedral, che personalmente ritengo più abile quale talent-scout che come frontman), eppure "Skeletà" esalta nuovamente le prerogative per cui i Ghost sono ormai universalmente conosciuti: qualità, personalità e, perchè no, originalità. Il fatto che piacciano ANCHE al mainstream è, sempre a mio modesto parere, un merito. Non certo una colpa. Amen.


ALESSANDRO ARIATTI 

Commenti

  1. Ciao Alessandro, concordo pienamente sulla tua vis polemica relativa ai giudizi spesso poco lucidi nei confronti dei Ghost. Mi piacerebbe che tanti "contestatori" dicessero che questi non valgono al confronto di ... specificando chi portano in palmo di mano, tanto per capire. Comunque non è una novità, in questo mondo di haters che si nascondono dietro pseudonimi, succede a chiunque non sia Zero di subire affondi verbali e tanto tempo fa, all'esordio, anche gli Zeppelin e i Sabbath furono pesantemente criticati.

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  2. Ciao Beppe. In effetti di "haters" è pieno il mondo (soprattutto da quando esistono i social), e come dici tu sarebbe interessante sentire quale sarebbe l'alternativa rispetto alla proposta di riferimento. Credo che, se si esprimessero, ci sarebbe da ridere. Grazie della lettura e del commento.

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