Ed anche per i Death SS arriva il momento fatidico del concept album. Un passo che, se non compiuto in condizioni di lucidità mentale ed efficacia compositiva, rischia di diventare il classico boomerang. Steve Sylvester riunisce la sua accolita di "indemoniati" sotto lo storico banner (ormai 50 anni di storia!) quasi in concomitanza dell'uscita dei nuovi numeri 1 delle classifiche USA. Sto ovviamente parlando dei Ghost, che hanno conquistato la vetta con lo strepitoso "Skeletà", ed il cui leader identifica proprio nei Death SS una delle principali fonti ispirazionali. Esiste addirittura un video su YouTube dello stesso Tobias Forge in cui elenca i "dischi della vita", tra le cui fila compare in pompa magna "Heavy Demons". Accanto, è bene precisarlo, ad Iron Maiden e Metallica. Non che la band di Sylvester abbia bisogno di certificati di qualità, ma sicuramente si tratta di un corroborante attestato di stima. Dopo "Resurrection" e "Rock'n'Roll Armageddon", ottimamente distinguibili nella loro classicità eppure ancora "imbastarditi" dai rimasugli industrial del periodo "Panic", è toccato allo splendido "Ten" riesumare le brume gotiche degli 80's. Un album nato dalle ceneri delle chiusure pandemiche, che infatti non poteva non risentire della cappa negativa temporale che lo ha circondato. Una volta rotto il ghiaccio dell'illustre passato, Death SS decidono di proseguire, musicalmente parlando, su un tracciato piuttosto conservativo. E se lo possono permettere, perché le muse creative del gruppo sono talmente eterogenee da evitare qualsiasi rigurgito di noia. L'Entità evocata da Aleister Crowley nell'iniziale "Ave Adonai", corposamente punteggiata dalle tastiere alla Goblin di Freddy Delirio, attraversa i secoli e le arti, trasferendosi da soggetto a soggetto. I riferimenti al cinema ed alla letteratura sono plurimi, ovviamente, e rappresentano essi stessi un "concept nel concept", perché Steve ha sempre presentato la sua creatura come una sorta di progetto multimediale ante-litteram. Non stupiscono quindi le citazioni verso "Dottor Jekyll & Mr. Hyde", Mary Reilly e Jack Lo Squartatore, identificato da Patricia Cornwell nel pittore William Sickert. "Justified Sinner" con i suoi richiami anni 80 alla Ghost (appunto), "Possession", che stabilisce un ponte di collegamento con "Cursed Mama", "Hell Is Revealed" ed il suo refrain AOR-dark: ce n'è per tutti i gusti. Così come nel caso delle lascive ballad "Out To Get Me" e "Love Until Death", che consolidano l'attitudine quasi pop metal dell'ariosa "Evil Painter", in cui si erge a protagonista il succitato Sickert. La grandeur decadente di "Cimeteria" sfocia nella conclusiva "Evil Never Dies", con la cover di "Mary Clark" (dagli amati Black Widow) a suggellare l'ennesima dimostrazione "superiore" da parte di una band unica.
ALESSANDRO ARIATTI

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