Difficile prevedere, quando esce "Night On Broken" (1984), che i Fates Warning sono destinati a diventare i pionieri del progressive metal, almeno per come lo abbiamo conosciuto fino all'inizio del nuovo millennio. Quel disco, dalla copertina naive e dal logo altrettanto ingenuo, può essere visto al massimo come un tributo "cheap" alla NWOBHM ed agli Iron Maiden in particolare. Certo, nonostante la derivazione artistica piuttosto palese, la sua foga visionaria lascia presagire sviluppi ben più personali, che infatti non tardano a manifestarsi già nel successivo "The Spectre Within" (1985), ma soprattutto nel capolavoro epic-fantasy "Awaken The Guardian" (1986).
Trattasi del tipico album perfetto, in cui la band raggiunge un equilibrio talmente magistrale da costringere sè stessa ad un cambiamento di "modulo". Non solo stilistico, ma anche nella configurazione di squadra. Il cantante John Arch, che invece avrebbe gradito continuare sulle coordinate del "Guardiano", viene gentilmente accompagnato alla porta dal chitarrista Jim Matheos, desideroso di svoltare verso scenari inediti. Troppo Dickinson-iano l'approccio di Arch, serve qualcosa di più personale per soddisfare la necessità di cambiamento manifestata dagli inquieti Fates Warning. John viene persino audizionato dagli allora astri nascenti Dream Theater, per ricoprire il ruolo di vocalist nel loro esordio "When Dream And Day Unite", anche se la scelta dei newyorkesi ricadrà su Charlie Dominici.
Lo sconosciuto ma talentuoso Ray Alder rimpiazza così Arch, tuttavia non basta la voce per materializzare il concetto musicale ambito (ed ambizioso) che saltella nella mente di Matheos. Il primo frutto di questa seconda fase si chiama "No Exit" (1988), un disco certamente buono ma tutto sommato ancora "di passaggio": indispensabile? Come anello di congiunzione per capire l'evoluzione del quintetto sicuramente; dal punto di vista compositivo, si notano ancora tentennamenti, come se mancasse il coraggio per abbandonare il conosciuto per lo sconosciuto. Non basta la suite di 22 minuti "The Ivory Gate Of Dreams", che occupa l'intero lato B del 33 giri, per rendere "No Exit" un must. C'è già chi rimpiange il gigantesco "Awaken The Guardian", ma basta attendere un anno per avere tra le mani l'album della consacrazione definitiva dei Fates Warning nel gotha dell'HM evoluto ed "alieno". Siamo nel 1989, il succitato termine progressive metal è ben lungi dallo sdoganamento culturale. Quello avverrà solamente tre anni dopo, con l'affermazione planetaria di "Images And Words" dei Dream Theater: il già menzionato esordio "When Dream And Day Unite", invece, nonostante le recensioni quasi unanimamente entusiaste (ricordo ad esempio che Beppe Riva lo piazzò top album su Metal Shock), si rivela un fiasco colossale, finendo in pochi mesi negli scaffali delle offerte speciali.
"Perfect Symmetry" vede l'ingresso di Mark Zonder (ex Warlord) alla batteria, ovvero quel "fattore X" necessario per spiccare il volo, solamente abbozzato nell'uscita precedente. Il suo drumming, così pragmatico ma contemporaneamente fantasioso, consente alla band di osare fino in fondo: sembra quasi di ascoltare una versione heavy dei Rush anni '80, quelli con le tendenze pop rock più manifeste. Il sound diventa essenziale, asciutto, le canzoni aspirano alla melodia pur evitando le facili strade "da anthem" così in voga nel periodo. Il singolo "Through Different Eyes" ne sintetizza il mood, ed anche Alder si sente libero di esprimere in pieno la sua vera vocalità, piena di chiaroscuri ed inflessioni malinconiche. Se in "No Exit" aveva infatti dovuto fare i conti con la teatralità del suo predecessore, "Perfect Symmetry" può essere considerata l'autentico battesimo di Ray. E non è un caso che, da quel momento in poi, il suo nome inizia ad essere considerato quale nobile punto di riferimento del genere.
I toni umbratili, quasi sofferenti, si palesano in maniera addirittura preponderante con "Parallels", (1991) probabilmente l'opera più "radiofonica" mai concepita dalla band del Connecticut. Il video-singolo "Eye To Eye" lascia addirittura intravedere una malcelata voglia di misurarsi con i campioni del melodic rock, nonostante un approccio serioso che non consente similitudini verso l'hair metal godereccio e caciarone. Dal punto di vista del songwriting, siamo di fronte probabilmente al loro apice assoluto, dove il delicato equilibrio tra tecnica sopraffina e melodie mai banali raggiunge vette insormontabili. Basti ascoltare una "Leave The Past Behind" oppure "The Eleventh Hour" per convenirne.
I chiari di luna non sono più favorevoli per i gruppi provenienti dagli Eighties, infatti occorre attendere ben tre anni prima di veder comparire nei negozi l'erede dell'acclamato "Parallels". I Fates Warning migrano presso la piccola casa discografica Massacre, ed "Inside Out" si rivela probabilmente l'album più "continuativo" da una decina d'anni a quella parte. Non complesso come "Perfect Symmetry" e meno centrato dal punto di vista delle sfumature armoniche rispetto al precedente lavoro: ciò non toglie che, tralasciando queste piccole considerazioni, Matheos e soci infiocchettano l'ennesima prova maiuscola, per raffinatezza esecutiva e maestria nella scrittura. Manca l'elemento sorpresa, forse, ma per quella occorrerà attendere il 1997, anno di uscita dell'enigmatico concept "A Pleasant Shade Of Gray".
ALESSANDRO ARIATTI
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