Nel 1994 l'Olanda non è nuova alla proposta di band dedite all'hard'n'heavy più classico: Vengeance, Vanderberg, Picture, i Bodine di Anthony Lucassen (che troverà fama e successo con i suoi Ayreon). Diciamo che gli anni 90 non sono più terreno di caccia (temporaneamente) per un determinato tipo di suono, e persino gli "headliner" europei Scorpions registrano un notevole calo di interesse e popolarità. "Face The Heat" (1993), ad esempio, fu un autentico buco nell'acqua, nonostante una qualità superiore rispetto al precedente "Crazy World", trascinato al top delle classifiche dal fischiettante singolone "Wind Of Change". Cito la band tedesca in modo specifico, perché i Mennen (che prendono il nome dal leader/cantante Joss Mennen) mostrano affinità elettive quasi totali rispetto a Klaus Meine e soci. In primis proprio per la somiglianza tra le due voci, dal vibrato tagliente alla pronuncia english-kraut dei protagonisti. Tipica formazione a cinque, completata da Eric Van De Kerkhof e P.P. alle chitarre, Fonny Jansen alla batteria e Frenk Aendenroomer al basso, Mennen spuntano un contratto con T&T/Noise, avvalendosi della produzione dell'allora rampante tecnico del suono Wolf G Stach. Quest'ultimo, da buon teutonico, conosce assai bene la "materia Scorpions" ed infatti l'omonimo esordio mostra una perfetta combinazione di ingredienti: potenza e melodie d'impatto immediato si uniscono senza indugi, come nell'iniziale "Power On" o nell'americaneggiante (ragionando con gli schemi dell'epoca) "Remember The Days". Non mancano episodi quasi Accept-iani, almeno nelle dinamiche ritmiche, tipo "Killerdog": tuttavia restano sempre gli autori di "Blackout" la principale referenza di Joss Mennen & Co. Persino quando viene tentata, peraltro con buonissimi risultati, la strada della simil-ballad, specialità in cui gli Scorpions rimangono tuttora maestri indiscussi. "Never Be The Same" ha uno sviluppo interessante, con una parte centrale cadenzata dal pianoforte, e si rivela sicuramente una delle tracce dotate di maggior personalità all'interno di un lavoro fortemente derivativo. Aggettivo che non ha, beninteso, alcuna connotazione dispregiativa, dato che le songs proposte ("Outsiders Of The Storm", splendida, "Rock And Roll Over", "World Affair") performano con agevole efficacia. Se non vado errato, il gruppo continuerà per una decina d'anni, tra alti e bassi, ma questo autorevole esordio rappresenta uno dei migliori esempi continentali di Scorpions-wannabe.
Se gli Iron Maiden sono la band heavy metal più unanimamente amata nell'universo, altrettanto unanime (o quasi) sarà la risposta alla domanda su quale sia il loro album peggiore. Per la solita storia "vox populi, vox dei" si concorderà a stragrande maggioranza su un titolo: "Virtual XI". Il fatto è che questo è un blog, neologismo di diario personale; e caso vuole che, al sottoscritto, questo album è sempre piaciuto un sacco. Ma proprio tanto! Reduci dal discusso "The X Factor", oggi sicuramente rivalutato da molti eppure all'epoca schifato da tutti, Steve Harris e soci confermano ovviamente Blaze Bayley, lasciando appositamente in secondo piano la vena doom-prog del 1995. Due anni e mezzo dopo, tempo di mondiali di football, ed una realtà che inizia ad entrare con tutte le scarpe nella "web zone": col loro consueto talento visionario, gli Iron Maiden prendono tre piccioni con una fava. 1) Il Virtual sta ovviamente a rappresentare la perc...


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