Non vorrei che, attendendo finalmente news discografiche firmate Savatage, si dimenticasse quanto di buono attualmente lasciato in eredità da Jon Oliva. Se non vado errato, "Raise The Curtain" è l'ultima prova da studio che lo vede impegnato su materiale inedito, e francamente dispiace che né i Pain né questa sua prima irruzione in territorio solista abbiano lasciato il segno come avrebbero, a mio parere, meritato. Dice Jim Morris, peraltro presente in veste di chitarrista/produttore sull'album in questione: "la linea più sottile tra Genio e Follia è determinata dalla differenza tra lato destro e sinistro del cervello di Jon". Penso che nessuna affermazione sia più esplicativa di questa per descrivere la grandezza artistica del personaggio, spesso figlia di una foga autodistruttiva talmente urgente da risultare palese.
È un mood particolare, che solo chi riesce a percepire veramente le sfumature delle sue composizioni, può assimilare in pieno. "Io e Criss (il fratello prematuramente scomparso nel 1993, ndr) non siamo inizialmente nati soltanto come metal band, ed in 'Raise The Curtain' si sentono tutte le nostre influenze. Ci sono idee che provengono da quel periodo, quando ci chiamavamo ancora Avatar". Il disco è una versione "prog-izzata" e demetallizzata (ma non depotenziata), sia rispetto ai Savatage che ai Jon Oliva's Pain. Le tastiere e l'Hammond diventano decisive quanto le chitarre, e non solo quando si tratta di incrociare le ballad. Peraltro splendide. Non manca un lato quasi pompous rock, e se potrebbe risultare fuorviante citare Kansas e Styx, soprattutto per l'abrasiva voce del "Mountain King", la grandeur delle composizioni suona realmente sinfo-Savatage. Il 2026 dovrebbe regalarci finalmente il ritorno del "brand", a 25 anni esatti da "Poets And Madmen". Fingers crossed, con "Raise The Curtain" come sottofondo benaugurante.
ALESSANDRO ARIATTI
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