Ci crediate o no, io sono uno di quelli che ha subito il fascino arcaico dei Sabbat. Ricordo ancora, come fosse ieri, la recensione di "Hystory Of A Time To Come" (1988) da parte del Maestro Beppe Riva, quando i pareri dei giornalisti (quelli veri) avevano un valore quasi assoluto. Il sommo writer bergamasco non rimase affatto folgorato sulla via di Damasco come da previsioni entusiaste della stampa britannica, piena di vedove inconsolabili della NWOBHM, ansiose di reperire un altro fenomeno da esportazione. Il voto, un solido 4 su 5, premiò l'album, ma leggendo tra le righe, si capiva benissimo che Beppe si sarebbe aspettato ben altra personalità ed originalità da parte di un gruppo che gli scribacchini anglosassoni presentavano addirittura come "i nuovi Iron Maiden". Dopo la replica di "Dreamweaver" nell'anno successivo, con relativo tour annesso, i Sabbat si prendono una pausa importante, anche a causa di cambi di formazione piuttosto rilevanti. In primis l'abbandono del vocalist Martin Walkyer, piccolo stregone che, con la sua ugola da elfo maligno, rappresentava una delle caratteristiche principali del gruppo. Il chitarrista Andy Sneap, rimasto leader incontrastato, inizia la ricerca del rimpiazzo, pensando di averlo individuato nel "Carneade" Richie Desmond. "È il nuovo Ronnie James Dio", tuonano i media di sua Maestà. Incredibile la disonestà intellettuale cui possono arrivare certi giornalisti faziosi: non solo nella musica, s'intende. Ricordo bene quando mi trovai tra le mani il 33 giri di "Mourning Has Broken", con quella copertina così affascinante e misteriosa, rappresentante una sorta di Cristo alieno ed etereo, troneggiante su una folla in ammirazione. Ero rimasto favorevolmente colpito dal thrash dei loro primi due LP, probabilmente più per le tematiche a sfondo "pagano" affrontate da Walkyer che per un'effettiva eccellenza musicale. Argomenti intrisi da gocce di esoterismo, che hanno sempre esercitato un'attrazione naturale nel sottoscritto. Noise Records, dal canto suo, stampa dei banner pubblicitari in cui presenta il nuovo album come "un nuovo inizio", anche se ormai siamo nel 1991, ed il mondo del metal inizia inesorabilmente a cambiare.
Tanto per fare un parallelismo con un altro gruppo da culto, nello stesso anno i Crimson Glory pubblicano "Strange And Beautiful", prendendo le distanze dal suono epico ed onirico dei primi due album. Che "Mourning Has Broken" sia qualcosa di diverso dal thrash "autoriale", concepito dalla formazione originale, è ampiamente prevedibile. Già il titolo lascia presagire qualcosa di nefasto (mourning significa lutto, non "mattino", come sostiene qualche professore con laurea social), ed il suono del disco ne rispecchia fedelmente la tematica. Dall'iracondo ed iconoclasta approccio dei primi due album, si passa ad un gelido techno-thrash, con frequenti occhiate verso il metal progressivo d'epoca. Roba alla Jester's March di "Beyond", tanto per rimanere nel 1991, ma ancora più oscuro nello svolgimento formale. "The Demise Of History" e "Theological Void", ad esempio, mettono in discussione verità assolute, anticipando tematiche di cosmico complottismo, mentre "Paint The World Black" assesta il tiro sul bersaglio dei Nevermore (già introspettivi) di "Into The Mirror Black". Delizioso il finale acustico della title-track, con la sua melodia arcana ed intrisa di presenze soprannaturali. I problemi di "Mourning Has Broken" sono sostanzialmente due: il primo riguarda una produzione "ai confini della realtà" in quanto a pressapochismo da demo-tape. Un fattore che sembra quasi incredibile, se si pensa che Andy Sneap sarà poi destinato a diventare un punto di riferimento (piaccia o no) per il metal del nuovo millennio. Il secondo, ed è ancora più grave, coinvolge il nuovo ingresso al microfono, Richie Desmond: il ragazzo dimostra buona estensione, ed anche quando utilizza la distorsione, mette in risalto capacità indiscusse. La sua mancanza di "controllo", e quindi di tecnica canora, lo porta però a stonare alcuni passaggi, colpa anche di un mixaggio totalmente sbilanciato su voce e batteria. "Mourning Has Broken" rimane un disco generalmente interessante, anche per i suoi dilettanteschi errori da "buona la prima", ma è ovvio che nasce praticamente morto. Di lì a poco, infatti, i Sabbat si sciolgono, ed il "nuovo Ronnie James Dio" Richie Desmond scomparirà "Without A Trace", citando il titolo di una delle tracce dell'album. Nessuno lo rimpiangerà.
ALESSANDRO ARIATTI
Ciao Alessandro, innanzitutto grazie della stima. Non ricordo così bene quell'ormai lontana recensione, però se valutai 4 (su 5) "History..." sicuramente l'ho trovato interessante, anche in prospettiva futura, perché spesso ho dato voti più bassi a dischi/gruppi famosi. Che mi aspettassi di più per il tam-tam della stampa britannica può essere. Comunque è bene che i lettori prendano spunto dalle tue recensioni retrospettive, che in ottica attuale analizzano compiutamente il passato. Ad esempio (al di là del gusto personale) mi è piaciuta molto quella di "Conspiracy" (King Diamond), un viaggio ben guidato sullo sviluppo dell'album-concept.
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