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PRAYING MANTIS "DEFIANCE" (2024)



Ridendo e scherzando, i Praying Mantis arrivano quasi a 45 anni di carriera discografica, 50 netti dalla loro nascita ufficiale. Il primo album "Time Tells No Lies" è datato addirittura 1981, in piena deflagrazione di New Wave Of British Heavy Metal, movimento del quale resta un esponente eccellente ed imprescindibile. Ad onor del vero, trattasi anche dell'unico esemplare totalmente ascrivibile al genere: eccezion fatta per "Throwing Shapes" uscito sotto il banner Stratus, tra le cui fila compariva anche il compianto Clive Burr (ormai ex Iron Maiden), i fratelli Troy hanno infatti poi virato verso uno stile altamente compromissorio con il melodic rock. Un approccio che non è più stato abbandonato, semmai aggiornato a seconda delle fasce temporali di riferimento. Il nuovo "Defiance" non cambia registro, anzi si posiziona sostanzialmente sulle medesime coordinate di alcuni degli episodi più riusciti dell'ultima fase (vedi "Legacy" e "Gravity"). Già, perché il disco è veramente, ma veramente BELLO! I Praying Mantis prendono il meglio delle caratteristiche attribuibili all'AOR, ma lo manipolano con un gusto tipicamente "english". Le canzoni suonano vive, molto dinamiche, e pregne di quel velo di malinconia latente che ha sempre differenziato le realtà anglosassoni da quelle americane. La title-track ne è un esempio, così come l'opener "From The Start" oppure la ballad, affatto scontata, "Forever My Heart". Il cantante Jayce Cuijpers svolge un ottimo lavoro di caratterizzazione, quasi si trattasse della versione più grintosa di John Payne (Asia), con quel timbro greve che elargisce profondità ai brani. Gli anni '80 restano la musa espressiva del gruppo, e "Standing Tall" si prodiga addirittura nel recupero di tastiere vintage su una ritmica ai limiti del "dance-ereccio". Francamente non si trova un punto debole che sia uno, tra l'energia vintage di "Feeling Lucky", lo sprint melodico di "One Heart" e la vitalità di "Never Can Say Goodbye". Difficile, oggi come oggi, scovare album che non ti invitino a "skippare" questo o quel pezzo per problemi di noia e/o sovrabbondanza di materiale. Ebbene, "Defiance" fa decisamente parte di questa sparuta minoranza: accoglierlo nel proprio stereo è un piacere.


ALESSANDRO ARIATTI




 

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