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Visualizzazione dei post da gennaio, 2025

"SO HAPPY IT HURTS": BRYAN ADAMS TRA FELICITÀ E DOLORE

"La pandemia ed il lockdown hanno davvero portato in ogni casa una verità: la spontaneità della vita quotidiana può essere spazzata via da un momento all'altro" dice Bryan Adams in fase di presentazione di "So Happy It Hurts". Reduce da due prove non molto rappresentative della sua filosofia artistica ("Get Up" e "Shine A Light"), il canadese riannoda i fili del passato, che tornano a muovere il songwriting in senso più tradizionale. Non si può probabilmente parlare di un ritorno a "Waking Up The Neighbors" (nonostante la rinnovata collaborazione con Mutt Lange), tantomeno a quello di un "Reckless" o di un "Into The Fire". È però un dato di fatto che soltanto lui, l'eterno ragazzo della "estate del '69", poteva scovare un pertugio di felicità in uno dei momenti più drammatici della storia. Già, perché "So Happy It Hurts" recupera la vena festaiola del rocker canadese, che negli ultimi ...

TREMONTI "THE END WILL SHOW US HOW" (2025)

Hard rock moderno, oscuro ma melodico, con un protagonista che diventa sempre più consapevole non solo delle proprie indiscusse qualità chitarristiche, ma anche delle sue doti canore. Non deve essere facile sapere di doversi confrontare con una voce "extraordinaire" come quella di Myles Kennedy, anche se nel corso degli anni Mark Tremonti sembra aver carpito dal suo sodale negli Alter Bridge alcuni "trucchetti" non indifferenti. Nonostante non possa attingere ad una estensione paragonabile, le sfumature armoniche impresse sui brani di "The End Will Show Us How" arrecano il copyright del "compagno di team", a partire da quelle note allungate nel vibrato che ne rappresentano uno degli spaccati maggiormente rappresentativi. L'album, come si diceva prima, suona decisamente malinconico eppure potente, dark ma anche impassibile rispetto ad una percentuale di frubilità obbligatoriamente tarata su determinati parametri odierni. Tremonti non ha mai na...

...A TUTTE LE STAZIONI... : L'ULTIMO S.O.S. DEI GENESIS

Non è da tutti avere nella propria formazione due autentiche icone della voce. Come definire altrimenti Peter Gabriel, istrionico e poetico "giullare" dell'epopea Seventies, e Phil Collins, uno dei più rappresentativi simboli della decade successiva? Anzi, un autorevole critico ha scritto che "gli anni '80 non sarebbero mai stati gli stessi senza di lui": gli si può dare torto? Io non credo. Succede però che, dopo il grande successo di "We Can't Dance" (1992), coronato da un lungo e remunerativo tour, Collins decide di lasciare la band. Troppo gravoso far fronte agli impegni solisti e dei Genesis contemporaneamente, così Mike Rutherford e Tony Banks si ritrovano privi di cantante e batterista in un colpo solo. Con un gruzzolo di pezzi già composti, i due iniziano la ricerca per sostituire praticamente "l'insostituibile", anche se lo stesso si diceva a proposito dello split con il carismatico Gabriel. La differenza è che, stavolta,...

QUEEN+PAUL RODGERS: FU VERAMENTE LESA "MAESTÀ"?

Se penso ai Queen ed a Freddie Mercury, mi viene in mente tutto tranne che il blues. L'indimenticabile voce, anzi Voce, della Regina più famosa del mondo rock non è applicabile al genere. O almeno non nelle sue manifestazioni più roboanti ed universalmente apprezzate. Sono ben altre le caratteristiche di Freddie, e non serve certo che un piccolo blog ne ricordi le peculiarità. Quando Brian May e Roger Taylor (John Deacon si ritirò nel 1997) decidono di unire le forze con Paul Rodgers, uno che invece il blues ce l'ha nel sangue nonché magnifica ugola di Free, Bad Company e The Firm, sono in molti, moltissimi a storcere il naso. Certo, il frontman di "Can't Get Enough" non è esattamente l'ultimo arrivato, anzi si tratta di un maestro assoluto del proprio "strumento", la cui tonalità ha influenzato anche nomi altisonanti. Uno su tutti, Sir David Coverdale. Tuttavia il ricordo di Mercury nell'immaginario collettivo è talmente iconico da scavalcare an...