GRAVE DIGGER "BONE COLLECTOR" (2025)
Sono sincero: non vengo conquistato seriamente da un disco dei Grave Digger da tanto, troppo tempo. Più o meno da una ventina d'anni. Ricordo che nei 90's fui un sostenitore piuttosto accanito del gruppo, e perorai con forza la loro causa sui magazines per i quali scrivevo: soprattutto nel periodo che va da "The Reaper" a "Knights Of The Cross", estremi compresi. Poi il livello ha iniziato a calare, anche se non così inesorabilmente come molti vorrebbero far credere. La band si è fatta prendere un pò la mano dalla "sovrastruttura" epica che ha permeato questo o quell'album, intaccando un pò l'efficacia del loro "full frontal attack" metallico. La curiosità più importante legata a "Bone Collector" rimane l'entrata di Tobias Kersting (Orden Ogan) al posto di Axel Ritt, che sarà probabilmente ricordato come il chitarrista meno rimpianto dai fans del gruppo: nonostante, è giusto precisarlo, una lunga ed onorata militanza. Nessuna mancanza di rispetto nei suoi riguardi, eppure il cambio di marcia appare immediatamente il leit-motiv del nuovo disco. Non voglio sembrare esagerato, ma credo che non ascoltavamo dei Grave Digger così 80's oriented da tanti, troppi lustri. Non so se sia stato il revival "traditional HM" a determinare certe scelte e ad alleggerire la prosa: mi limito a constatare l'evidenza. Tastiere assenti, solo chitarre potenti e sature, ritmiche anfetaminiche, nonché la classica voce sguaiata di Chris Bolthendal a prendersi il proscenio. Un miracolo? Non direi. Paragoni col passato remoto non sono esattamente proponibili, tuttavia "Bone Collector" fila via che è un piacere. Dopo quattro decadi di carriera, direi che basta e avanza.
MARKO HIETALA "ROSES FROM THE DEEP" (2025)
La fuoriuscita di Marko Hietala dai Nightwish è ancora una vicenda che lascia qualche punto di domanda, prevalentemente per le dinamiche che ne hanno scatenato la motivazione. La sua voce è sempre stata quella della "beast", che andava a volgarizzare i gorgheggi soavi e lirici della "beauty" di turno (Tarja Turunen, Annette Olzon e Floor Jansen), in un contrasto tonico difficilmente dimenticabile. "Roses From The Deep" segue l'esordio solista "Pyre Of The Black Heart", pregevole nella realizzazione, ma un pò troppo sbilanciato nei contenuti che premiavano il lato soft/sinfonico, lasciando in secondo piano la "wild side" della situazione. Questo nuovo lavoro asseconda invece la duttilità dell'ex basso/voce dei Nightwish che, forte di un contratto con la potenza Nuclear Blast, si sente letteralmente libero di scrivere ed interpretare tutto ciò che gli passa per la capoccia. Hietala trova persino tempo e modo per una nostalgica rimpatriata con la collega Tarja nel brano "Left On Mars" ma, nonostante il palese tentativo di rivitalizzare il passato, siamo piuttosto distanti dall'eccellenza degli hit griffati Nightwish. Meglio, decisamente meglio, il mix tra heavy rock, folk ed orchestrazioni che contraddistingue la title-track, ma anche lo humor nero alla Alice Cooper di "Frankenstein's Wife". Un album piuttosto divertente, che però evidenzia i limiti compositivi di un'artista che, lontano da Tuomas Holopainen, sembra non possedere i numeri per distinguersi dalla massa.
THE BIG DEAL "ELECTRIFIED" (2025)
In un mondo sempre più globalizzato, non sorprende che anche paesi, fino a qualche anno fa difficilmente ipotizzabili, partecipino al rock party del nuovo millennio. The Big Deal vengono dalla Serbia, e nascono da un'idea del chitarrista Srdjan Brankovic (leader degli Alogia) e della sorella/tastierista & cantante Nevena. Il gruppo viene completato dalla vocalist Ana Nikolic e dal batterista Marco Milojevic, con la partecipazione (l'ennesima) di Alessandro Del Vecchio. L'esordio "First Bite" (2022) riscuote un ottimo consenso, anche per la vistosa avvenenza delle due protagoniste femminili, tanto che i videoclip ricavati dall'album vengono massivamente "cliccati" dai followers di Frontiers Records (la loro casa discografica). Sull'onda del lusinghiero riscontro del primo album, il nuovo "Electrified" parte già con i favori del pronostico, rinvigorito da un approccio synth pop metal ancora più marcato. Per capirci al volo, siamo dalle parti dei Battle Beast più easy oriented, anche se le pur irreprensibili voci di Ana e Nevena non possono competere con il fenomeno Noora Louhimo. Le "ragazze" se la cavano tuttavia in modo egregio, anche per un mixing che predilige le frequenze alte, al fine di esaltare le accattivanti potenzialità dei brani presentati. Sono sicuro che i puristi dell'hard'n'heavy storceranno il naso, oppure si limiteranno a qualche sorriso ironico, tuttavia tracce come "Like A Fire" o "Survivor" stuzzicheranno senza tante esitazioni i palati dei melodic rockers più "chic". Forse manca un top hit come fu "Sensational", ma "Electrified" resta un prodotto dalla qualità decisamente sopra la media.
ALESSANDRO ARIATTI
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