Passa ai contenuti principali

ROBIN MCAULEY "SOULBOUND" (2025)



Nonostante un'età ormai veneranda, Robin McAuley sembra vivere da qualche anno una sorta di seconda giovinezza. Sarà stato il suo coinvolgimento (live) nei Survivor a rivitalizzarlo, ma tra il 2021 ed il 2025 l'abbiamo ritrovato per ben tre volte in ambito solista, ed un paio nella situazione "all star" band chiamata Black Swan. E pensare che, dopo la lunga e proficua militanza nei McAuley Schenker Group (acronimo sempre di MSG, ma in versione pop/hair metal), il vocalist irlandese sembrava addirittura sul punto di mollare tutto per godersi una precoce pensione. Ultimamente ci ha pensato Frontiers Records a farlo desistere dall'idea, infondendogli entusiasmo e fiducia. Lasciando da parte i succitati Black Swan (ma "Shake The World" e "Generation Mind" sono davvero due ottimi dischi!), "Soulbound" rappresenta la terza prova solista di Robin per la prestigiosa label tricolore. Rispetto ad "Alive" (2023), che sembrava una leggiadra brezza di liberazione dall'incubo pandemia, ed il precedente "Standing On The Edge" (2021), con le sue tematiche apocalittiche e "figlie" del periodo, stavolta assistiamo ad un ispessimento del suono, molto più guitar-driven ed energico. La motivazione è probabilmente da individuare nel fatto che, stavolta, tocca ad Aldo Lonobile occuparsi di mixing e produzione: da bravo "interprete" della sei corde, è normale che la sua attenzione si soffermi maggiormente sull'impatto elettrico che sull'arrangiamento tastieristico di Alessandro Del Vecchio. Quest'ultimo, nonostante la separazione da Frontiers, firma ancora la trama musicale di tante tracce presenti in "Soulbound", mentre le linee vocali restano sempre saldamente nelle mani di McAuley. E come potrebbe essere altrimenti? Peraltro, ne converrete, la voce dell'ex MSG e Grand Prix risuona tuttora talmente caratterizzante da risultare facilmente individuabile dopo pochi secondi. Indipendentemente dallo stile del brano in questione, tra le altre cose. Già, perché il disco non imbocca una direzione univoca: c'è l'hard rock quasi stoner-izzato di "Til I Die", le reminiscenze AOR della title-track e "Wonders Of The World", le tentazioni dark'n'groove di "Best Of Me". A tenere unito il tutto, come un collante universale, è proprio l'ugola cristallina del 72enne irlandese: e scusate se è poco. Se "Let It Go" sfoggia un piglio vitaminico quasi in un agile Van Halen style, "Paradise" e "Crazy" lucidano l'arte del refrain melodic rock, da tanti cercato ma da pochi trovato. Diciamo che "Soulbound" non apporta assolutamente novità, ma non è certo quest'ultima la priorità che spinge la curiosità di chi segue il genere. Prossima fermata il terzo Black Swan? Accetto scommesse.


ALESSANDRO ARIATTI 

Commenti

Post popolari in questo blog

INTERVISTA A BEPPE RIVA

C'è stato un tempo in cui le riviste musicali hanno rappresentato un significativo fenomeno di formazione personale e culturale, ed in cui la definizione "giornalista" non era affatto un termine usurpato. Anzi, restando nell'ambito delle sette note, c'è una persona che, più di tutte, ha esercitato un impatto decisivo. Sia nell'indirizzo degli ascolti che successivamente, almeno per quanto mi riguarda, nel ruolo di scribacchino. Il suo nome è Beppe Riva. E direi che non serve aggiungere altro. La parola al Maestro. Ciao Beppe. Innanzitutto grazie di aver accettato l'invito per questa chiacchierata. Per me, che ti seguo dai tempi degli inserti Hard'n'Heavy di Rockerilla, è un vero onore. Inizierei però dal presente: cosa ha spinto te e l'amico/collega storico Giancarlo Trombetti ad aprire www.rockaroundtheblog.it? Ciao Alessandro, grazie a te delle belle parole. L'ipotesi del Blog era in discussione da tempo; l'intento era quello di ritag...

WARHORSE "RED SEA" (1972)

Sul blog abbiamo già parlato del primo, omonimo album dei Warhorse, band nata dall'ex bassista dei Deep Purple, Nick Simper. Il loro debutto, datato 1970, esce in un periodo abbastanza particolare dove, il beat prima ed il flower power poi, si vedono brutalmente scalzati da un suono ben più burrascoso e tumultuoso. Il succitato Simper, pur avendo fatto parte "soltanto" degli albori (i primi 3 dischi) dei Deep Purple, vede la sua ex band spiccare letteralmente il volo con il rivoluzionario "In Rock", contornato a propria volta da altre perniciose realtà quali Led Zeppelin o Black Sabbath. "Warhorse" suonava esattamente come il giusto mix tra l'hard rock "Hammond-driven" di Blackmore e soci, e le visioni dark di Toni Iommi. Il 33 giri, nonostante l'eccellente qualità di tracce tipo "Vulture Blood", "Ritual" e "Woman Of The Devil", non vende molto. Anzi, contribuisce al rimpianto di Simper di essere stato sc...

LABYRINTH: "IN THE VANISHING ECHOES OF GOODBYE" (2025)

Se quello che stiamo vivendo quotidianamente, ormai da una ventina d'anni, non fosse un fottutissimo "absurd circus"; se esistesse una logica a guidare le scelte della mente umana, divenuta nel frattempo "umanoide"; se insomma non fossimo nel bel mezzo di quel "Pandemonio" anticipato dai Celtic Frost quasi 40 anni fa, i Labyrinth dovrebbero stare sul tetto del mondo metal. Nessuna band del pianeta, tra quelle dedite al power & dintorni, può infatti vantare, neppure lontanamente, una media qualitativa paragonabile ai nostri valorosi alfieri dell'hard'n'heavy. Certo, hanno vissuto il loro momento di fulgore internazionale con "Return To Heaven Denied" (1998), della cui onda lunga ha beneficiato pure il discusso "Sons Of Thunder" (2000) che, ricordiamolo ai non presenti oppure ai finti smemorati, raggiunse la 25esima posizione della classifica italiana. Poi la "festa" terminò, non in senso discografico, perché...