Passa ai contenuti principali

UNISONIC "UNISONIC" (2012)



Per risalire alla fonte del progetto Unisonic, occorre fare qualche passo indietro, quando finalmente Michael Kiske cede alla lusinghe dei Place Vendome, offrendo la propria “inequivocabile” voce ad un bel lotto di canzoni, in realtà maggiormente inclini all’AOR/melodic rock che non a quel power/speed metal sound capace di dargli notorietà, fama, ed uno stuolo infinito di imitatori: non si sa quanto graditi. Dopo la disfatta, più commerciale che artistica (opinione personale) di “Chameleon” assieme agli Helloween “Mark 3”, Michael Kiske decide di erigere una barriera tra sé stesso e l’hard’n’heavy. Solamente il primo album solista “Instant Clarity” (con la partecipazione di Kai Hansen ed Adrian Smith in due brani) potrebbe essere in qualche modo “incasellato” nella sezione apposita, seppur con la pesante presenza di diversi episodi che esulano dal discorso generale. A forza di “spintine” e “spintone”, tra Avantasia ed i menzionati Place Vendome, Kiske decide di proferire il fatidico “SI” riguardo al suo definitivo ritorno all’HM. Unisonic vede la partecipazione, esattamente come per il 
Place Vendome project, di 2/5 dei Pink Cream 69, nelle persone di Dennis Ward (basso/produzione) e Kosta Zafiriou (batteria); oltre al talentuoso chitarrista svizzero Mandy Meyer, già in forza ad Asia, Krokus, Gotthard, ed ai Cobra di Jimi Jamison (Survivor). Ma l'input decisivo per l'ingresso in pianta stabile di Michael, avviene soltanto quando l'amico Kai Hansen annuncia la propria inaspettata partecipazione. Si forma così nuovamente un binomio che aveva fatto sognare i fans degli Helloween ai tempi della Noise Records, quando i due "Keeper" decretarono le nuove "regole" per coloro che, da lì in poi, avrebbero voluto cimentarsi con il power metal europeo. Non ci si faccia ingannare, però, dal power/rock'n'roll alla "Kids Of The Century" della title-track apripista, che potrebbe presupporre un nuovo inizio proprio laddove i sentieri di Kiske e Hansen si separarono. "Unisonic" pende infatti molto più sul versante hard/melodic che su quello HM, ed è probabilmente l'unica esperienza "di gruppo" che vede l'intransigente Kai cimentarsi in un genere sicuramente più "americano" che europeo. Forse memori del successo ottenuto da Andi Deris negli Helloween, grazie al suo songwriting che non disdegna affatto sonorità cromate, il quintetto tenta di ripeterne la formula, pur senza copiare niente e nessuno. "Hansen resta il nostro legame più forte nei confronti del metal" sostiene Kiske in una delle tante interviste promozionali; evidentemente la sua "allergia" ventennale nei confronti del genere manifesta ancora qualche effetto collaterale. Ci penseranno poi i soldoni sonanti per il tour "Pumpkins United" assieme agli ex nemici Helloween, con relativo album "all in", a fargli passare definitivamente le paturnie. Se "Souls Alive" e "Never Too Late" sembrano chiaramente nelle corde del "premiato duo", visto che energia e vena ludica si dividono equamente il proscenio, "I've Tried" inizia a spianare la strada verso orizzonti più melodici: il riff etereo e fuggente autorizza addirittura paragoni con gli Unruly Child di Mark Free. Decisamente accattivante "Star Rider", e stavolta ci affacciamo sulla finestra temporale dei Judas Priest più sfacciatamente "acchiappalike", e mi riferisco naturalmente al periodo "Turbo". Deliziosa "Never Change", con Kiske che inizialmente abbassa la tonalità fino al suo tipico Elvis-mood, per poi esplodere in un chorus da arena rock 80's: una voce che può essere tranquillamente "a gift from God". Abbiamo prima nominato Andi Deris, ed infatti una traccia come "Renegade" avrebbe potuto essere senza dubbio inclusa a fianco degli episodi più Pink Cream 69-oriented di "Master Of The Rings". Un discorso che, per la proprietà transitiva, potrebbe essere applicato anche a "My Sanctuary", con la sua ritmica decisa ma una linea melodica perennemente attenta allo status dichiarato dell'album: heavy sì, ma non troppo. Che sia stato questo il motivo dello scarso interesse generato dagli Unisonic? Forse. Eppure sono convinto che, senza questo parziale rendezvous, difficilmente avremmo rivisto all'opera gli "Helloween-United" all together. 


ALESSANDRO ARIATTI





Commenti

Post popolari in questo blog

KEITH BOYCE (HEAVY METAL KIDS) & GRAZIA ZULIANI: SIAMO LA COPPIA PIÙ ROCK DEL MONDO!

KEITH BOYCE: THE FLAME STILL BURNS!   Disse Keith Richards dei Rolling Stones, non propriamente un tizio qualsiasi: "Gli anni 70? Non ricordo molto, ma so che ascoltavo a ripetizione quel gran gruppo degli Heavy Metal Kids!". Come referenza, niente male, che dite? Keith Boyce, professione batterista di quella band tanto amata dall'alter ego di Mick Jagger, una vita (oltre 50 anni!) dedicata al rock'n'roll, ha gentilmente accettato di essere "torchiato" per bene dalle domande di Deja-Vu, e quindi dalla curiosità del sottoscritto. Anche perché il "nostro" Keith è stato sedotto senza pietà dal fascino della "donna italiana", nella persona di Grazia Zuliani. I più "anziani" ricorderanno le sue chilometriche gambe fasciate da una vertiginosa minigonna sulla copertina di "Game Over", best seller dell'orgoglio nazionale Vanadium. Ma ricorderanno altrettanto bene gli straordinari album degli Heavy Metal Kids, un manipo

HOLLER: WHAT DOESN'T KILL YOU MAKES YOU STRONGER!

Dopo la frastornante notizia della separazione dagli Eldritch, non so quanti avrebbero scommesso sulla prosecuzione della carriera artistica di Terence Holler. Assai arduo accettare a cuor leggero un cambiamento di prospettive tanto traumatico senza prevedibili conseguenze, anche personali. Non molti avrebbero avuto la forza di rialzarsi, mettersi tutto alle spalle e ripartire da zero. Oddio, forse da zero non è corretto, vista la meritata fama che il cantante italo-americano si è costruito nel corso di ben tre decenni abbondanti. "Reborn" ridefinisce gerarchie e priorità nello stile musicale di Terence, puntando le sue "fiches" sulla roulette di un melodic rock/AOR tanto ispirato quanto ficcante: ed è veramente un piacere avere l'occasione di farsi raccontare la genesi di un album, nato sotto circostanze decisamente particolari, dalla voce del suo stesso protagonista.  Ciao Terence, intanto grazie per aver accettato l'invito per questa intervista. Il nuovo

MONSTERS OF ROCK 1987: 26/8/1987, Reggio Emilia, Arena Del Chionso

"Io sono Dio" intitola il numero 5/6 di Metal Shock del 1987, che copre rispettivamente i mesi di agosto/settembre. La nascita di un magazine con firme così importanti, sia sul fronte nazionale che dall'estero, è una "sliding door" fondamentale per l'affermazione definitiva dell'hard'n'heavy anche nel nostro Paese. Con mani sudaticcie ed entusiasmo alle stelle, mi appresto a sfogliare il giornale, "zompando" immediatamente all'intervista rilasciata da Ronnie James Dio, che presenta per l'occasione il suo nuovo lavoro da studio "Dream Evil". Rimango tuttavia abbastanza deluso dal pezzo, quasi sia messo lì semplicemente come corollario per promuovere un evento destinato a diventare storico: il primo Monsters Of Rock tricolore, sulla falsariga del grande happening estivo di Donington, del quale noi poveri metallari italiani abbiamo sentito solamente fantasticare. Per fortuna, poco prima dei due concerti (25 agosto Palatru