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WITHERFALL "SOUNDS OF THE FORGOTTEN" (2024)



Non sono poche le "vedove" dei Nevermore ad aver individuato nei Witherfall gli eredi naturali della band guidata dal compianto Warrell Dane. Atteggiamento comprensibile, ed in parte giustificabile per l'approccio "intellettualoide" al metal da parte del gruppo. Tuttavia non sarebbe affatto corretto classificarli "solamente" come epigoni degli autori di "Dreaming Neon Black" perché, se lo si analizza bene, l'approccio dei Witherfall risulta assai meno "complicato" di quello che sembrerebbe di primo acchito. Ne è un'ulteriore conferma il nuovo lavoro sulla lunga distanza "Sounds Of The Forgotten", nel quale compaiono persino massiccie dosi di tastiera, a sottolineare determinati passaggi maggiormente improntati ad una melodia d'impatto. Intendiamoci, il reticolato sonico tessuto dalla band resta qualcosa da apprezzare passaggio dopo passaggio, poiché la facilità d'ascolto alberga da tutt'altra parte. Però, a furia di parlare di "figli dei Nevermore", non vorrei che si oscurassero quelle che sono prerogative singolarmente soggettive degli stessi Witherfall. Come certi passaggi "dark-thrash" che, in qualche modo, potrebbero invece richiamare ad una versione 2.0 degli Iced Earth. Altro nome sparito dai radar per le note vicende che hanno coinvolto il leader Jon Schaffer in seguito all'assalto al Campidoglio, ma che si spera di rivedere prima o poi in azione. Probabilmente il periodo estivo è quello meno indicato per farsi avvolgere dalle brume di "Sounds Of The Forgotten": sarebbe stata auspicabile piuttosto un'uscita tardo autunnale, quando la natura "muore". È anche vero che l'album si districa su trame non propriamente "usa e getta", e se il livello cervellotico dei pluricitati Nevermore non viene mai raggiunto, ascolti plurimi (magari a distanza) risulterebbero necessari ed altamente consigliabili. Allungando, di conseguenza, l'aspettativa di vita media del disco, con probabile innalzamento delle quotazioni di gradimento. Difficile persino catalogare "Sounds Of The Forgotten" in un "sottogenere" ben preciso, esattamente come nel caso dei suoi predecessori (almeno quelli più recenti). Una volta bastava "Heavy Metal" ed eravamo tutti contenti. O quasi. 


ALESSANDRO ARIATTI 





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