Passa ai contenuti principali

ERIC CLAYTON "A THOUSAND SCARS" (2020)

Esistono artisti con cui, al di là delle preferenze personali, si avverte una sorta di sintonia spirituale e concettuale. Da quando, nel 1993, scoprii i Saviour Machine, non nascondo che Eric Clayton è il personaggio con cui ho instaurato un rapporto di "frequenza" maggiormente profondo. Non solo le sue opere, ma anche interviste (chiacchierate, sarebbe corretto definirle) "formative", quelle esperienze che ti lasciano dentro qualcosa di cui ti ricordi ancora a distanza di 30 anni. Molto più che le dotte conversazioni con altri musicisti che, di questa musica, hanno scritto la storia. Sta tutta lì la connessione che puoi stabilire, quando capisci che esiste l'equazione perfetta tra note, parole e personaggio: ciò che ascolti è esattamente quello che "senti". Molto semplice. 
Per questo motivo, anche per sembrare il più attinente possibile alla realtà fattuale, quella che vedete non è la copertina originale di "A Thousand Scars", ma la cosiddetta "gallery edition", ideata successivamente all'esaurimento della prima tiratura. Ristampa? Non necessariamente. Soltanto un restyling formale. Tornando a bomba sui Saviour Machine, nonostante la non facile proposta, il gruppo ottiene un successo clamoroso in Germania. Nel giro di otto anni, escono addirittura due testimonianze visive dei loro concerti, prima nella forma del VHS "Live In Deutschland" (1995), poi del DVD "Live In Deutschland 2002", uscito poco prima di quella che si rivelerà una lunghissima pausa. La causa? Gravissimi problemi di salute di Eric, oltre a delusioni di vario tipo, che lo conducono ad una roulotte ed una vita solitaria nel deserto dello Utah. A leccarsi le (mille) ferite, appunto. Poi la chiamata di Arjien Lucassen che, con i suoi Ayreon, decide di mettere in scena uno dei suoi album più famosi ed importanti ('The Human Equation"), e la creazione degli Eric Clayton & The Nine, coi quali il nostro fa risplendere nuovamente i classici dei Saviour Machine.
Ovvio che la mossa successiva può essere una sola: la realizzazione di un disco solista, che rappresenti la "summa" di un periodo così tribolato. Registrato assieme a Davon Graves, geniaccio degli Psychotic Waltz, "A Thousand Scars" è una mastodontica opera di quasi 80 minuti, che generalmente declina la proposta verso sonorità più morbide e meno perigliose rispetto alla band-madre. Intendiamoci, i tratti distintivi sono tutti presenti, comprese le minacciose entità percussive, sospese tra gothic ed industrial, di "Revelation Mine" e "The Cages". Eppure sono le novità stilistiche a colpire maggiormente nel segno, come la dolce carica spirituale di "The Space Between Us", la disperata "Chasing Monsters", ma anche il soul dipinto di nero intitolato provocatoriamente "American Whore". Il doppio LP/CD (la versione qui presentata comprende entrambi i formati) si chiude sulle linee quasi gospel di "The Greatest Of These", tuttavia non c'è una sola traccia di "A Thousand Scars" che non sia rilevante e significativa. Stupendi i suoni, con il pianoforte/tastiere di Adam Pedersen e la chitarra del fratello di Eric (Jeff) a ribadire un'empatia creativa che evoca ricordi indelebili. È già passato un lustro da questo capolavoro: riscoprirlo è un obbligo.
ALESSANDRO ARIATTI 

Commenti

Post popolari in questo blog

IRON MAIDEN "VIRTUAL XI": DIFESA NON RICHIESTA

Se gli Iron Maiden sono la band heavy metal più unanimamente amata nell'universo, altrettanto unanime (o quasi) sarà la risposta alla domanda su quale sia il loro album peggiore. Per la solita storia "vox populi, vox dei" si concorderà a stragrande maggioranza su un titolo: "Virtual XI". Il fatto è che questo è un blog, neologismo di diario personale; e caso vuole che, al sottoscritto, questo album è sempre piaciuto un sacco. Ma proprio tanto! Reduci dal discusso "The X Factor", oggi sicuramente rivalutato da molti eppure all'epoca schifato da tutti, Steve Harris e soci confermano ovviamente Blaze Bayley, lasciando appositamente in secondo piano la vena doom-prog del 1995. Due anni e mezzo dopo, tempo di mondiali di football, ed una realtà che inizia ad entrare con tutte le scarpe nella "web zone": col loro consueto talento visionario, gli Iron Maiden prendono tre piccioni con una fava. 1) Il Virtual sta ovviamente a rappresentare la perc...

INTERVISTA A BEPPE RIVA

C'è stato un tempo in cui le riviste musicali hanno rappresentato un significativo fenomeno di formazione personale e culturale, ed in cui la definizione "giornalista" non era affatto un termine usurpato. Anzi, restando nell'ambito delle sette note, c'è una persona che, più di tutte, ha esercitato un impatto decisivo. Sia nell'indirizzo degli ascolti che successivamente, almeno per quanto mi riguarda, nel ruolo di scribacchino. Il suo nome è Beppe Riva. E direi che non serve aggiungere altro. La parola al Maestro. Ciao Beppe. Innanzitutto grazie di aver accettato l'invito per questa chiacchierata. Per me, che ti seguo dai tempi degli inserti Hard'n'Heavy di Rockerilla, è un vero onore. Inizierei però dal presente: cosa ha spinto te e l'amico/collega storico Giancarlo Trombetti ad aprire www.rockaroundtheblog.it? Ciao Alessandro, grazie a te delle belle parole. L'ipotesi del Blog era in discussione da tempo; l'intento era quello di ritag...

LABYRINTH: "IN THE VANISHING ECHOES OF GOODBYE" (2025)

Se quello che stiamo vivendo quotidianamente, ormai da una ventina d'anni, non fosse un fottutissimo "absurd circus"; se esistesse una logica a guidare le scelte della mente umana, divenuta nel frattempo "umanoide"; se insomma non fossimo nel bel mezzo di quel "Pandemonio" anticipato dai Celtic Frost quasi 40 anni fa, i Labyrinth dovrebbero stare sul tetto del mondo metal. Nessuna band del pianeta, tra quelle dedite al power & dintorni, può infatti vantare, neppure lontanamente, una media qualitativa paragonabile ai nostri valorosi alfieri dell'hard'n'heavy. Certo, hanno vissuto il loro momento di fulgore internazionale con "Return To Heaven Denied" (1998), della cui onda lunga ha beneficiato pure il discusso "Sons Of Thunder" (2000) che, ricordiamolo ai non presenti oppure ai finti smemorati, raggiunse la 25esima posizione della classifica italiana. Poi la "festa" terminò, non in senso discografico, perché...