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LONDON "PLAYA DEL ROCK" (1990)



Sembra strano, ma dai semisconosciuti London è passato mezzo "red carpet" della L.A. che conta: quella degli sfavillanti anni 80. Nikki Sixx (Motley Crue), Blackie Lawless (Wasp), Fred Coury (Cinderella), Michael White (molto meno noto ma altrettanto talentuoso): sono solo alcuni dei nomi più importanti che hanno transitato sotto il banner di questa sfortunata, ma seminale band. Inizialmente, lo stile del gruppo, gravitante attorno al cantante Nadir D'Priest, è il tipico incrocio tra NWOBHM d'importazione e street/glam americano, una formula che ha visto in Ratt o Twisted Sister i principali fenomeni di diffusione stereofonica a 33 giri. 

Il confine stilistico risulta ovviamente labile tanto che, al di là del cambio look, si potrebbero riunire sotto lo stesso vessillo sia un "Dancing Undercover" (dei succitati Ratt) che un "License To Kill" (Malice), senza peraltro far gridare allo scandalo proprio nessuno. I London arrivano al terzo lavoro da studio, dall'esplicito titolo "Playa Del Rock", con una formazione priva delle già menzionate "stelle" che hanno, nel frattempo, trovato la loro luccicanza in un firmamento parallelo. Oltre al fedelissimo Nadir D'Priest dietro al microfono, troviamo infatti il chitarrista Sean Lewis, il tastierista Vince Gilbert (dai cult heroes Jag Wire), il bassista Brian West e, dulcis in fundo, il batterista Alan Krigger (ex Giuffria). I sogni di gloria sono ormai uno sbiadito ricordo, e probabilmente il quintetto ne è consapevole, perché "Playa Del Rock" tira dritto come un treno verso una direzione piuttosto autoctona, senza rincorrere per forza modelli espositivi da classifica. Un esempio su tutti? "It's So Easy", la cui sindrome evolutiva sembra quasi figlia dello spirito avant-garde dei Queensryche griffati "Rage For Order". D'Priest non si allontana nemmeno alla favella da "fine dicitore" di Geoff Tate, eppure il coraggio dimostrato in questa occasione risulta sicuramente pregevole. "Ride You Through The Night" suona molto più classica, ed il ponte artistico verso il passato si rivela un potente elisir di energia, bissato da una "Russian Winter" dove anche le tastiere/Hammond di Gilbert si ritagliano uno spazio sontuoso. Il background dell'ex Jag Wire si fa strada anche in "Hot Child In The City", quasi un incrocio tra i viziosi Crue di "Theatre Of Pain" ed il lussureggiante pop metal dei peccaminosi Angel di "Sinful". Con la ballad "Miss You" si respira aria della Los Angeles "da bere", un mood narrativo che viene confermato anche dallo spensierato heavy'n'roll di "Money Honey". Il disco si mantiene comunque su contenuti piuttosto bilanciati, tra una martellante "Love Games" che mira palesemente ai fans dei Ratt, ed una "Heartbeat (It's All Right)" che non disdegna riferimenti allo storico hard rock del passato, tra Deep Purple ed Uriah Heep: i dotti riferimenti vintage da parte del già citato Vince Gilbert la fanno da padrone. È ancora un tenebroso Hammond ad inaugurare "The Wall", epico "tributo" all'allora recente abbattimento del muro di Berlino, prima che lo squisito anthem corale "Been Around Before" ponga il sigillo su un lavoro di pregevole fattura, nel segno degli indimenticabili Hanoi Rocks di "Two Steps From The Move" mixati ai The Who.

Si possono trovare in commercio versioni di "Playa Del Rock" semplicemente a nome D'Priest, quasi a voler ribadire la "costante" della voce che ha caratterizzato la carriera dei London.

In ogni caso, ben poco cambia, perché contenuto e scaletta rimangono immutati.


ALESSANDRO ARIATTI




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