Esistono artisti con cui, al di là delle preferenze personali, si avverte una sorta di sintonia spirituale e concettuale. Da quando, nel 1993, scoprii i Saviour Machine, non nascondo che Eric Clayton è il personaggio con cui ho instaurato un rapporto di "frequenza" maggiormente profondo. Non solo le sue opere, ma anche interviste (chiacchierate, sarebbe corretto definirle) "formative", quelle esperienze che ti lasciano dentro qualcosa di cui ti ricordi ancora a distanza di 30 anni. Molto più che le dotte conversazioni con altri musicisti che, di questa musica, hanno scritto la storia. Sta tutta lì la connessione che puoi stabilire, quando capisci che esiste l'equazione perfetta tra note, parole e personaggio: ciò che ascolti è esattamente quello che "senti". Molto semplice. Per questo motivo, anche per sembrare il più attinente possibile alla realtà fattuale, quella che vedete non è la copertina originale di "A Thousand Scars", ma la cosidde...