Esistono fortunatamente ancora band che, pur partendo da "canovacci" artistici già noti ed esplorati, non si accontentano dell'ovvio. Gli statunitensi Blood Incantation fanno sicuramente parte di questo sparuto, ma illuminato, schieramento: ed il loro nuovo album "Absolute Elsewhere" ne conferma abbondantemente le ambizioni. Nonostante il successo di "Hidden History Of The Human Race", non abbiamo assistito ad una sua prosecuzione-fotocopia; anzi, il successore "Timewave Zero" era un oltranzista paesaggio ambient dove la cifra estrema veniva completamente messa in disparte. A domanda su come suonerà il nuovo disco, il quartetto americano risponde "come un prog rock anni '70, eseguito da una band death metal dei 90's". Detto così, significa tutto e niente, perché di progettualità ambiziose rimaste solo sulla carta sono pieni gli annali. Non è il caso di "Absolute Elsewhere". Iniziamo dall'impostazione: due brani
Sono tempi duri per gli dei del metallo tonante. La semplicità del grunge ha relegato grandeur ed epicità in un angolino, sostituendole con pragmatica attitudine e spietato groove. Molti eroi degli anni ’80 si trovano quindi davanti ad un bivio: continuare imperterriti per la propria strada, a costo di ritrovarsi a suonare in un cinema parrocchiale, oppure prendere il toro per le corna e cercare di domarlo? Nel caso specifico dei Dio, come fai a parlare ancora di arcobaleni quando ti trovi nell’occhio di un ciclone che sembra non finire mai, mentre all’orizzonte vedi il buio, soltanto un abbacinante, sconfinato buio? Probabilmente è questa la domanda che frulla per la mente di un Ronnie James Dio in balia delle onde del business. Allo stesso tempo la band è tosta e solida, con il fido Vinnie Appice alla batteria, l’ex Dokken Jeff Pilson al basso, il tastierista Scott Warren (che veste più che altro i panni di arrangiatore) e, last but not least, il chitarrista Tracey G. Il contestato T