Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2024

SAVIOUR MACHINE "I" (1993)

Non so quanti utenti del blog siano stati "battezzati" dall'opera di romanzieri statunitensi, per lo più appartenenti all'ala evangelica, come   James Beausigneur   (leggete il thriller teologico   A Sua Immagine ) oppure il reverendo   Tim LaHaye   (vi consiglio la serie intitolata   Gli Esclusi ). Gente che, in tempi non sospetti, portava all'attenzione della grande massa le profezie legate al Nuovo Testamento, in particolare riguardanti l'Apocalisse di San Giovanni, scritta sull'isola di Patmos. Un parallelismo ardito, ma nemmeno poi tanto, potrebbe essere avanzato nei confronti di   Eric Clayton , leader maximo e visionario interprete/songwriter dei   Saviour Machine . L'avvento di un'unica religione mondiale, il satanico controllo delle masse attraverso la "somministrazione" del marchio della Bestia: vi viene in mente nulla? A me si, basta accendere quella scatola di merda che tutti noi ci ritroviamo in casa, con la sua incessante pr

VANADIUM "SEVENTHEAVEN" (1989)

  "Game Over" porta i Vanadium alla soglia del successo che conta, con più di 50.000 copie sparse tra gli impianti stereofonici del suolo italico. Numeri che, oggi, sarebbero ovviamente da disco di platino. La Durium accontenta il gruppo milanese, spedendolo in Inghilterra per registrare "Born To Fight" al celebre Ridge Farm Studio, con lo stimatissimo producer Lou Austin dietro al banco della consolle. Il risultato è un album magnifico, con classici di devastante bellezza come "Run Too Fast", "Still Got Time" ed "Easy Way To Love" a deliziare ulteriormente i padiglioni auricolari dei fans. Il 33 giri consolida la posizione prioritaria dei Vanadium nel panorama nazionale, e la succitata "Easy Way To Love" viene addirittura scelta come sigla finale dell'allora popolarissima trasmissione televisiva RAI Discoring. Al quintetto meneghino manca giusto quel "quid" mediatico in più per esportare la meritata fama ottenut

MARILLION: ALLA RICERCA DELL'INFANZIA PERDUTA CON "MISPLACED CHILDHOOD"

  Per evidenti ragioni anagrafiche (sono del 1969), non ho potuto "vivere" sulla mia pelle la grande stagione del progressive inglese. Negli anni in cui Emerson Lake & Pamer, Genesis, King Crimson, Gentle Giant e compagnia sfornavano le loro opere più significative, ero ancora intento a pensieri ben più "infantili". Però il cosiddetto neo-prog, quello affermatosi negli anni 80, ho potuto abbracciarlo appieno; ed è incontestabile il fatto che quel nuovo-vecchio filone avesse un "prime mover" certo e non confutabile. Il suo nome risponde a quello dei Marillion. Nonostante i primi due album, il filologico "Script From A Jester's Tear" ed il più gelido "Fugazi", pagassero pegno pesantissimo nei confronti dei già menzionati Genesis (periodo Peter Gabriel), la band arriva al terzo 33 giri da studio con un'idea ben precisa. Registrare il proprio concept album sulla scia dei Jethro Tull di "Tick As A Brick": un lungo brano

EMERSON LAKE & POWELL "EMERSON LAKE & POWELL" (1986)

La rinascita neo-progressive degli anni 80 capeggiata dal successo commerciale dei Marillion, che giungono all'apice della popolarità grazie al capolavoro "Misplaced Childhood" (1985), non può che trascinarsi dietro anche i mostri sacri del passato. Assisteremo addirittura ad una inedita configurazione a tre dei Pink Floyd, privi del genio di Roger Waters nel 1987, anno del rilascio di "A Momentary Lapse Of Reason". Nel frattempo, non mancano nemmeno i contatti tra la "sacra trinità" degli ELP ma, per un motivo o per l'altro, Keith Emerson, Greg Lake e Carl Palmer non riescono a ritrovarsi sotto lo stesso tetto per dare un seguito credibile ad un album non certo memorabile come "Love Beach" (1978). Lo tsunami del punk ingoia in un sol boccone la musica barocca e ridondante degli ELP, ed occorre appunto tanta pazienza per scorgere nuovamente il progressive rock tra le parti nobili delle classifiche. Verificata la non disponibilità di Palme

YNGWIE MALMSTEEN'S RISING FORCE "ODYSSEY" (1988)

A metà anni 80,   Yngwie Malmsteen   non deve già più dimostrare niente a nessuno. Dopo essersi fatto le ossa con gli   Steeler   di   Ron Keel   e gli   Alcatraz   di   Graham Bonnett , il funambolico chitarrista svedese capisce che non può più essere semplicemente "one of the band", ma che qualsiasi gruppo, presente o futuro, dovrà ruotare attorno al suo nome. Indipendentemente da nomi, date e situazioni artistiche. " I Rising Force non esistono senza di me: non importa chi ci suona, sono io che scrivo ed eseguo praticamente tutto ": più chiaro di così. Avendo nel frattempo sbalordito il mondo intero con la sua proverbiale velocità esecutiva, l'asso nordico si mette in testa il "pensiero stupendo" di conquistare anche le grandi platee a furia di canzoni memorabili ed orecchiabili, non solamente indirizzate ad un pubblico di "colleghi di strumento" che impazziscono per i suoi irripetibili funambolismi. " Trilogy " è già un passo im

DIRE STRAITS: "LOVE OVER GOLD", NOBILTÀ POPOLARE

  È il 1982. L'Italia del "grande vecio" Bearzot ha appena vinto i Mondiali in un tripudio nazional-popolare che ha pochi eguali nella storia. Dai jukebox dei bar escono le note di "Heat Of The Moment" (Asia), "No One Like You" (Scorpions) ed "Eye In The Sky" (Alan Parsons Project): 100 lire a canzone, mentre si sorseggia una Coca-Cola tra amici e ci si sente liberi. Ma liberi sul serio. In fondo, basta davvero poco per essere felici, un concetto che molti sembrano dimenticare sulle frequenze martellanti della "Dea" Rete. In quegli anni, il vostro scribacchino inizia pure ad interessarsi al mondo dell'hard'n'heavy, fulminato dai primi videoclip di Iron Maiden e compagnia tonante. Tuttavia la mia iniziazione vera e propria al rock contemporaneo dell'epoca viene segnato da un album in particolare: "Making Movies" dei Dire Straits. "Tunnel Of Love" e "Romeo & Juliet" restano tuttora tra

SABBAT "HYSTORY OF A TIME TO COME" (1988)

A volte la pubblicità uccide, specialmente se è ingannevole. Succede agli inglesi Sabbat, strombazzati newcomers da parte della stampa specializzata anglosassone che, come al solito, pecca di sfacciata parzialità. Dopo la diffusione del demotape di tre brani "Fragments Of A Time Forgotten", divenuto oggi preziosa merce di scambio per collezionisti, i giornalisti metal sotto la Regina se ne escono con proclami che definire allucinanti è pure poco. "Sono i nuovi Iron Maiden" titolano a caratteri cubitali, in un imbarazzante delirio di onnipotenza. La celeberrima etichetta tedesca Noise Records, autentica fucina di indimenticabili capolavori nei favolosi anni 80, che ricorderemo sempre con il più profondo affetto e con una gratitudine quasi religiosa, non si fa scappare "l'affare", e scrittura i Sabbat in un battibaleno. L'attesa per il disco d'esordio è febbrile: internet, social e canali di intrattenimento vari sono ancora un delirio fantascient

WHITESNAKE "READY AN' WILLING" (1980)

Il 1980 è un anno da consegnare alla storia. Tra un “Back In Black” ed un “Heaven And Hell”, un “Iron Maiden” ed un “Blizzard Of Ozz”, un “Wheels Of Steel” ed un “Ace Of Spades”, la lista dei capolavori è lunga quanto un vecchio elenco telefonico della SIP. Tra questi, last but not least, David Coverdale, assieme alla sua creatura Whitesnake, sforna quello che, almeno personalmente, considero il suo picco assoluto per incredibile talento compositivo ed inarrivabile maestria interpretativa. “Ready An’ Willing” vede in formazione ben tre ex membri dei Deep Purple “Mark Three”, con Ian Paice che raggiunge Jon Lord alla corte del frontman britannico. E quando dico “frontman”, intendo questo ruolo nell’accezione più nobile del termine, perché resto ancora oggi del parere che nessun vocalist abbia mai raggiunto la presenza scenica ed il carisma di Mister Coverdale sul palco. Prodotto in maniera straordinaria dal solito guru della golden age del genere, e sto ovviamente parlando di Martin Bir

HONEYMOON SUITE "ALIVE" (2024)

  Il nome degli Honeymoon Suite viaggia nella "terra di mezzo" tra i big ones e gli oggetti da culto della decade chic-rock per eccellenza: gli anni 80. Se è vero che un album come "The Big Prize" resta qualcosa di sontuoso, anche in una periodo che viene ricordato come la Mecca del genere, è altrettanto corretto sostenere che i consensi riscossi non furono paragonabili alla qualità espressa. Se non sfondarono allora, difficile che la proposta di "Alive" possa suscitare oggi l'entusiasmo di folle oceaniche. Tutt'altro. Detto ciò, è assolutamente da lodare il fatto che una band, chiaramente "fuori tempo massimo" ed arrivata ad un soffio dal boom negli anni giusti, trovi ancora tempo e voglia per comporre brani inediti. E che brani, oserei dire! Già, perché al di là della certezza che le raffinatezze analogiche degli 80's restino pratiche irreplicabili in noiosi anni di pressapochismo sonoro, "questi" Honeymoon Suite si candid

KING DIAMOND "THEM" (1988)

Al di là della incontestabile grandezza conquistata con i   Mercyful Fate , a   King Diamond   va sicuramente riconosciuto il merito di aver inserito in pianta stabile l'abusato sostantivo "concept" anche nel mondo del metal. Almeno un anno prima dei   Queensryche   di " Operation Mindcrime " o degli   Iron Maiden   di " Seventh Son Of A Seventh Son ", tanto per citare un paio di eclatanti esempi. Dopo il magnum opus " Abigail " (1987), musicalmente eccelso, liricamente un pò ingenuo, il cantante danese replica il "format" della storia unica. Lo fa con " Them ", tipica storia da casa maledetta stile B movies, in cui il protagonista è un tenero bambino dall'ascia facile, a sua volta vittima di una nonnina inchiodata sulla sedia a rotelle ed appena uscita dal manicomio. La sua colpa? Aver messo fine al proprio matrimonio decapitando il coniuge. Tutti gli ingredienti per il classico teatro dell'orrore, che sicuramente

JUDAS PRIEST "TURBO" (1986)

Dalla nebbiosa Inghilterra all'assolata Los Angeles è un attimo. Soprattutto se ti chiami Judas Priest ed alle spalle hai tre album che hanno catalizzato l'attenzione della sconfinata platea americana. Non è un mistero che, al di là dell'oceano, il quintetto anglosassone, nonostante una carriera decennale scandita da capolavori ossianici come "Sad Wings Of Destiny", "Sin After Sin" o "Stained Class", raggiunga il successo che conta solamente grazie ai capitoli più epidermici ed a presa rapida della loro collezione. Mi riferisco ovviamente a "British Steel", ma soprattutto a "Screaming For Vengeance" e "Defenders Of The Faith", grazie ai quali i Priest iniziano ad attecchire in maniera massiva anche presso il pubblico a stelle e strisce. Quello europeo, d'altra parte, si è già rivelato terra di fertile conquista. La band arriva ad un bivio, come molti altri pesi massimi di quel periodo: "tradire" i vec

SCORPIONS "SAVAGE AMUSEMENT" ((1988)

Quattro anni separano l’uscita di “Savage Amusement” rispetto al suo celebrato predecessore “Love At First Sting”, diventato nel frattempo uno dei best seller assoluti degli Scorpions. Molti, moltissimi per la media temporale degli anni ’80. Certo, a loro “scusante”, bisogna anche dire che, in the meantime, il gruppo tedesco ha trovato il modo di pubblicare il doppio dal vivo “World Wide Live”, volto a celebrare il loro magico momento di popolarità, grazie al boom commerciale di canzoni che sono passate alla storia come “Rock You Like A Hurricane”, “Big City Nights”, “Still Loving You”, “No One Like You” o “Can’t Live Without You”. E’ ancora un periodo storico in cui le uscite live hanno un senso artistico, indirizzato a glorificare (ed ovviamente immortalare) un determinato periodo storico, non semplicemente a colmare un vuoto creativo: un titolo su tutti, l’iconico “Live After Death” degli Iron Maiden. Squadra che vince non si cambia, quindi “Savage Amusement” arreca per l’ennesima v

SAVATAGE "GUTTER BALLET" (1989)

Presumibilmente, dopo il monster album "Hall Of The Mountain King", i Savatage sentono di avere dato il massimo in ambito classic metal. E come dargli torto? Da grandi artisti quali sono, gli Oliva brothers sentono quindi l'urgente esigenza di allargare la propria visione musicale, inglobando elementi attigui al genere ma non necessariamente sinonimi. In particolare, Jon è sempre stato affascinato dalla "Broadway Culture", la cui contaminazione con l'hard rock raggiunge l'apice nell'epocale "Bat Out Of Hell" di Meat Loaf. Non che i Savatage si trasformino improvvisamente nella versione 80's del corpulento cantante, ci mancherebbe; tuttavia in "Gutter Ballet" è innegabile una struttura compositiva più "aperta", maggiormente improntata su una sorta di "grandeur" descrittiva rispetto alle lancinanti sfuriate heavy di "Hall Of The Mountain King". Non si direbbe, almeno inizialmente, perché la traccia