Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da giugno, 2024

INCONTRO CON "SIR" DAVID COVERDALE

Anno 1997: dopo un lungo periodo "sabbatico", David Coverdale decide che è ora di togliere i Whitesnake dalla naftalina. È dai tempi di "Slip Of The Tongue" (1989) che la band non pubblica materiale inedito, un album sicuramente di successo ma non in grado di ripetere i risultati del suo predecessore. A dire il vero, "Restless Heart" avrebbe dovuto uscire come lavoro solista di Mister DC (come lo chiamano affettuosamente i suoi compagni di avventura), ma la EMI pretende che venga riesumato il vecchio banner. Alla stregua dei Ritchie Blackmore's Rainbow o dei Black Sabbath "featuring Toni Iommi", stavolta tocca ai David Coverdale's Whitesnake. Mi arriva la cassettina promo per la recensione e, poco dopo, il caporedattore del magazine per cui collaboro, mi comunica che ci sarà presto da recarsi a Milano per l'intervista di rito. Non vedo l'ora: dopo Dio e Bruce Dickinson, entrambi incontrati nel 1996 (con Ronnie ci sarà modo di rive...

YNGWIE MALMSTEEN "ECLIPSE" (1990)

Dopo l'opulenza di " Odyssey " ed il relativo tour a supporto che decreta l'incredibile " Live In Leningrad ", il signor  Yngwie Malmsteen  manda a casa tutti. E non ci sono più dubbi sulla titolarità del marchio, visto che sparisce dalla vista pure il banner  Rising Force . Non che prima vi fossero dispute verbali a tal riguardo: era chiaro a tutti, Turner o non Turner, chi tenesse saldamente in mano il timone della leadership. Nel 1990, al di là delle dichiarazioni altisonanti, tutto è nero su bianco, anzi rosso su nero, vista la scelta cromatica della copertina: il nuovo disco " Eclipse " esce solamente a nome dell'asso svedese della chitarra. Punto e a capo. " Yngwie si è circondato di una band di ragazzini svedesi: una cosa terribile! ", queste le parole di  Joe Lynn Turner  all'indomani del "rompete le righe" generale, che coinvolge peraltro anche i fratelli  Jens ed Anders Johansson . A discapito del parere ampiam...

PHENOMENA "PHENOMENA" (1985)

Grazie all’avvento degli  Asia , che furoreggiano in tutto il mondo grazie al pazzesco hit-sigle “ Heat Of The Moment ”, gli anni 80 segnano il ritorno di una “moda” che sembrava persa nel tempo: l’avvento dei super gruppi. E’ così che il produttore  Tom Galley , fratello del chitarrista Mel (ex  Trapeze  e  Whitesnake ), decide di riunire alcuni dei più grandi talenti hard rock sotto la stessa egida:  Phenomena . Per la precisione, troviamo  Glenn Hughes  alla voce,  Cozy Powell  alla batteria,  Neil Murray  al basso,  Don Airey  alle tastiere, ed il succitato  Mel Galley  alla sei corde. L’ispirazione del concept può sicuramente essere fatta risalire al capolavoro thriller/horror omonimo di  Dario Argento , visto che le canzoni del disco vertono sul tema unico delle esperienze extrasensoriali. Come del resto fotografa bene la copertina, in cui la protagonista viene ritratta in un incrocio tra la ...

DIO "LOCK UP THE WOLVES" (1990)

Nonostante la presenza di  Craig Goldy  su " Dream Evil ", col suo piglio da class metal hero, le quotazioni dei  Dio  sembrano ristagnare. Ronnie capisce che è giunto il momento per una rinfrescata completa della line up, così non si fa eccessivi problemi a silurare tre dei suoi più fidati e storici collaboratori:  Vinnie Appice ,  Jimmy Bain  e  Claude Schnell . Oltre, fatalmente, al già menzionato Goldy. Non deve essere stato facile, nemmeno per un carattere deciso come il suo, mettere alla porta musicisti di fiducia come i suddetti, con i primi due che seguono il cantante italoamericano fin dai tempi, rispettivamente, di  Black Sabbath  (" Mob Rules ") e  Rainbow  (" Rising "). La vita va avanti, così inizia una serie di audizioni che porteranno nei Dio innanzitutto il giovanissimo virgulto  Rowan Robertson , in un tentativo da parte di Ronnie di replicare il colpaccio messo a segno dal "rivale"  Ozzy  con la...

JUDAS PRIEST "RAM IT DOWN" (1988)

Da "difensori" a "traditori" della fede, il passo è breve. Basta addomesticare il sound per un album, ed i fans iniziano a storcere il naso. L'hanno provato sulla propria pelle i   Judas Priest   all'indomani dell'uscita di " Turbo ", un disco per certi versi spettacolare, ma che strizzava troppo palesemente l'occhiolino verso l'american hard rock tanto in voga nel periodo. Il tempo ha smussato gli animi, ed oggi molti considerano quel lavoro per ciò che è in realtà: un tentativo, spesso ben riuscito, di accodarsi allo sgargiante metal da classifica di   Ratt   e   Quiet Riot , giusto per citare alcuni tra i nomi più rappresentativi di un'epoca irripetibile. " Dimenticate 'Turbo', il prossimo LP sarà il nostro ritorno allo stile di 'Screaming For Vengeance' e 'Defenders Of The Faith': sarete molto soddisfatti ". Queste le parole del gruppo, che inizia a sentire puzza di bruciato tra gli umori dei pr...

PRETTY MAIDS "RED, HOT & HEAVY" (1984)

Non so se sia esagerato o meno considerare " Red, Hot & Heavy " come un album storico per la genealogia del mondo hard'n'heavy. Certo, non stiamo parlando di un disco che, al pari di certi giganti del genere, abbia imposto uno stile di "guida" per le generazioni a venire, eppure non ci allontaniamo poi molto da tale situazione. Precedentemente autori di uno strepitoso mini-lp autointitolato, i danesi  Pretty Maids  esordiscono sulla lunga distanza niente meno che per una major, la potentissima (all'epoca)  CBS . Si sta ovviamente parlando di un periodo in cui gli album si acquistano e si consumano allo sfinimento, senza limitarsi a qualche distratto ascolto sulla rete; e la band sembra possedere tutte le caratteristiche per mettersi in coda alla roboante scia della NWOBHM, seppur con qualche importante differenziazione che tratteremo a breve. In effetti, la previsione del colosso discografico si rivela veritiera per più di un lustro, almeno fino al 1...

MAGNUM "WINGS OF HEAVEN" (1988)

Dire che i   Magnum   sono una band sottovalutata è pure poco. Per qualità e livello qualitativo medio, in una carriera che si avvicina a quota 50 (anni), il gruppo inglese meriterebbe tranquillamente di stare nell'Olimpo di nomi leggendari quali   Deep Purple   o   Led Zeppelin . Quando si parla di loro, infatti, dimenticate immediatamente dati di vendita o classifiche perché, mai come in questo caso, successo ed eccellenza si rivelano essere le famose convergenze parallele. Poco importa, sui gusti della massa non è lecito sindacare, dato che si vedono spesso nullità assolute svettare tra le preferenze generali. Quello che ci apprestiamo ad esaminare è il settimo album dei Magnum, che li trascina incredibilmente nella top 10 inglese: un "premio" minimo, soprattutto dopo aver inanellato un classico dopo l'altro, in una sequela di dischi imperdibili. Il momento della "svolta" resta quello del capolavoro " On A Storyteller's Night " (1985), quand...

DIO "DREAM EVIL" (1987)

Il fuoco e le fiamme del tour di " Sacred Heart ", con tanto di drago annesso, sono soltanto un lontano ricordo. È tempo di maggior sobrietà, ma soprattutto di fare i conti con una carriera che sembra iniziare a scricchiolare in termini di popolarità. La repentina fuga di  Vivian Campbell , che si aggregherà prima al carrozzone hair metal dei  Whitesnake , poi ai  Def Leppard  orfani di  Steve Clark , senza dimenticare la deliziosa parentesi hard blues dei  Riverdogs , costringe  Ronnie James Dio  a rivedere i propri piani. La chitarra vacante viene imbracciata da  Craig Goldy , con un passato prossimo nei  Giuffria , ed il tour di "Sacred Heart" viene completato proprio grazie al suo ingresso in formazione. Campbell e Dio non si parleranno mai più, anzi gira sulla rete uno spezzone di Ronnie mentre firma autografi ai fans, in cui definisce Vivian " a fuckin' asshole ", aggiungendo la poco simpatica postilla " I hope he fuckin' dies ". D...

SAVATAGE "STREETS" (1991)

Stappato lo champagne di Broadway con "Gutter Ballet" (1989), i Savatage capiscono di sentirsi perfettamente a proprio agio tra orchestrazioni e sinfonie, sempre ovviamente filtrate attraverso impellenti rasoiate metalliche. Passano due anni dal precedente capolavoro e, nell'autunno 1991, viene dato alle stampe un nuovo capitolo da studio: "Streets". Fin dall'aristocratica copertina in "sangue blu", si capisce che la scelta stilistica non ha intenzione di cambiare affatto rispetto al blasonato predecessore. Anzi, quale migliore viatico di un concept album per ribadirne la magniloquente vena espressiva? I Savatage, ed in particolare "Big" Jon Oliva, non dimenticano tuttavia le proprie radici stradaiole: infatti, ben lungi dal comporre una "piece" politically correct, il cantante opta per una storiaccia di droghe e perdizione, il cui protagonista DT Jesus sembra tanto rivestire le sue sembianze. Autobiografica? Beh, fino ad un cer...

WAYNE "METAL CHURCH" (2001)

Ognuno ha una propria idea sui  Metal Church , me ne rendo conto. La mia è piuttosto netta e, se vogliamo, decisamente oltranzista. Si sintetizza sostanzialmente con uno slogan: " no David Wayne, no party ". Non che, dopo l'abbandono del carismatico cantante, la band abbia iniziato a produrre schifezze, ci mancherebbe. Nessuno può ovviamente mettere in discussione la bontà di un " Blessing In Disguise " o di un " The Human Factor ", ma personalmente mi chiedo: dov'è finita la rabbia belluina dell'omonimo esordio, immortalata dalla celebre chitarra zombie? In quale anfratto maligno si è nascosta la maniacale attitudine di " The Dark "? Qualcuno potrebbe veramente pretendere di mettere a confronto le vocals pulite di  Mike Howe  (RIP) con il "cannibal holocaust" inscenato da  David Wayne  nelle varie " Ton Of Bricks ", " Start The Fire " o " Method To Your Madness "? Pochissimi altri gruppi, alla ...

INCONTRI CON DIO

Dal punto di vista "giornalistico" (virgolette d'obbligo), credo di essere stato un uomo fortunato. Ultimamente leggo cose deliranti da parte di qualche frustrato da tastiera che "avrebbe voluto esserci", ma che all'epoca nessuno si è mai filato di striscio. Roba tipo che gli scribacchini di una volta potevano vantare chissà quali privilegi ed amenità simili. Cazzate che solo l'ignoranza dei social può bersi, fino all'ultima goccia di falsità. Io ricordo tante trasferte a Milano, tante telefonate negli USA (quando costavano un occhio della testa), puntualmente mai rimborsate dall'editore di turno. Personaggi scaltri che vivevano sulla passione dei collaboratori per confezionare, possibilmente, un buon prodotto. Il tutto a costo quasi zero, al netto di quelli di stampa, distribuzione, ed un riconoscimento economico molto saltuario. Perché, dunque, mi definisco "fortunato"? Semplicemente perché, grazie a questa passione (ancora questa par...

LE MILLE FATICHE DI LITA: DAL PUNK ROCK DELLE RUNAWAYS AL RED CARPET DI "KISS ME DEADLY"

In principio furono le Runaways. Dalla natia Inghilterra, Carmelita Rossana Ford, papà britannico e mamma italiana, si è già trasferita a Long Beach, California. Ed è proprio verso la metà degli anni 70 che a Kim Fowley, produttore, cantante e discografico, viene in mente un'idea rivoluzionaria (almeno per l'epoca): una rock band composta da sole donne. Anche il nome proposto è piuttosto d'impatto, The Runaways, ovvero Le Fuggitive. Della combriccola "rosa" fanno parte appunto Lita Ford e Joan Jett alle chitarre, Jackie Fox al basso, Sandy West alla batteria, e l'iconica Cherrie Currie alla voce. Al di là del fattore novità, le cinque scavezzacollo non passeranno certo alla storia per la qualità eccelsa delle loro uscite. Il rock duro, irrorato di primi sintomi punk, non brilla per particolare talento (sia tecnico che compositivo), tanto che The Runaways saranno ricordate più per essere state delle "prime mover" che non per le canzoni contenute nei l...