Con tutto il rispetto per George Orwell e per le sue nefaste profezie nazi-tecnocratiche, brutalmente manifestatesi durante i criminali anni della "pandemenza", avremmo preferito continuare ad identificare volentieri "1984" come un successo clamoroso dei Van Halen. Non come un tomo prodromo dell'attuale miseria umana, scandita a suon di diktat, ricatti, informazione ridotta a propaganda, soprattutto grazie ad un gregge di ebeti pronto a bersi qualsiasi cazzata. Tutti conoscono Eddie Van Halen come innovatore della chitarra, colui che ha stravolto il suono hard rock dei Seventies per farlo diventare punto di riferimento obbligatorio degli Eighties. Con tutto il suo conseguente carico di istrionismo, tecnica straordinaria ed estetica musicale annessa. Pochi, invece, valorizzano il suo ruolo nello sdoganamento totale dei sintetizzatori, strumento "trendy" dell'epoca, ma che viene visto da molti "metalhead" come fumo negli occhi. Provate a ca